È un lusso essere veramente ascoltati, avere una conversazione sincera, animata da sentimenti di empatia e da gratuito interesse verso l’altro. D’altronde, secondo il filosofo Henri Bergson “La comunicazione avviene quando, oltre al messaggio, passa anche un supplemento di anima”.
La comunicazione, quella vera, quindi non si limita ad uno scambio di informazioni per il semplice scopo di rispondere alla personale esigenza di voler parlare di noi stessi.
Solitamente durante le conversazioni, le persone, quando sembrano ascoltare il proprio interlocutore, in realtà stanno pazientemente aspettando il proprio turno per raccontare i propri pensieri.
Nelle sessioni di Coaching, invece, è necessario creare un momento costruito con empatia per l’altro. L’attenzione per il Coachee deve essere sincera, ma anche percepibile: l’altra persona deve sentirsi accolta in uno spazio costruito appositamente.
D’altronde, l’ascolto è il pre-requisito della comunicazione, come spiega l’Executive Coach Deborah Bianchi. Durante il secondo modulo per il corso per per diventare Business Coach, Deborah mette a disposizione i propri studi e gli anni di esperienza esperienze e di ricerche all’aula, creando così momenti di condivisione, scambio e riflessione.
Come costruire questo spazio?
Per prima cosa è necessario che il Coach abbia allenato la competenza dell’ascolto.
Secondo l’ideogramma cinese, il verbo “ascoltare” è composto da i seguenti elementi:
- Orecchio: come tutti sanno, è l’organo del corpo umano preposto alla funzione uditiva e, banalmente, l’ascolto è fisiologicamente possibile tramite l’orecchio;
- Re/Tu: l’ascolto attivo è possibile se si riconosce l’alterità dell’altro in quanto tale. In altre parole, si riuscirà ad ascoltare veramente le parole dell’altro nel momento in cui ci si avvicinerà ad egli come un’identità diversa, con i propri pensieri, esperienze e storie, che sono altro da me e che quindi devono essere trattati con rispetto e attenzione, senza essere minimizzate nella presunzione di voler comprendere tutto e subito. Così, questo elemento dell’ideogramma può essere tradotto anche come “Re”: l’altra persona deve essere ascoltata come se fosse un re;
- Occhi: durante le sessioni di Coaching, il Coach deve prestare attenzione come se avesse dieci occhi.
- Uno: il Coach deve esercitare un’attenzione completa e unitaria;
- Cuore: se l’orecchio è l’organo che permette fisiologicamente l’ascolto e la percezione del suono, il cuore è l’organo che, figurativamente, attiva un ascolto empatico.
In ogni comunicazione trasmettiamo sia un contenuto che un messaggio sulla relazione. Per questo, l’ascolto non può esaurirsi nell’atto di udire, suoni o parole.
La comunicazione non passa solamente attraverso le parole pronunciate ad alta voce (il verbale). Ogni comportamento è una forma di comunicazione e il Coach deve allenarsi a riuscire a “udire” ciò che gli viene comunicato anche con i comportamenti.
Secondo gli psicologi D. Jackson, J.H. Beavin e P. Watzlawick “non esiste il contrario del comportamento. In altre parole, non esiste un non-comportamento” e se ogni comportamento è una comunicazione, ne consegue che tutto è comunicazione.
Così, il compito del Coach è quello di scoprire il tutto del Coachee, anche ciò che si cela dietro alle parole. Distinguiamo così tre elementi comunicativi:
- verbale
- paraverbale
- non – verbale
Leggi anche: Perché l’ascolto attivo è importante nella comunicazione tra Coach e Coachee
Paraverbale
Si dice che i veri attori hanno la capacità di leggere la lista della spesa con lo stesso charme e coinvolgimento che potrebbero avere nel leggere la Divina Commedia.
Il paraverbale, ossia il tono, il volume, il ritmo e il timbro della voce, ha il potere di rivelare il sentito emotivo del nostro interlocutore. Certo, ognuno di noi ha la propria voce con caratteristiche uniche che difficilmente si potranno cambiare, tuttavia è bene conoscere il suono della nostra voce per riuscire a modularla nel miglior modo possibile.
Una voce monotona può risultare noiosa oppure segnalare poco interesse. Una voce squillante e allegra, invece, può motivare e dare un senso di ottimismo nel nostro interlocutore.
Il saper calibrare e modulare tono, volume e ritmo, invece, sono abilità che possono essere acquisite tramite l’esercizio. In particolare, la velocità con cui vengono pronunciate le parole possono far intendere frenesia, agitazione ed emozione nel Coachee.
Anche le pause, non vengono lasciate al caso. Quando parla, il Coach può scandire alcuni concetti o lasciare il tempo al Coachee per riflettere.
Le sessioni di Coaching vengono gestite tramite la metodologia socratica della maieutica, la sottile arte di saper porre domande. Ma una domanda per esistere ha bisogno di quella pausa di silenzio che possa permettere all’altro di rispondere, anche solo interiormente.
Non – verbale
Gli esseri umani, quindi, comunicano in modo con le parole, ma anche, e soprattutto, con il linguaggio del corpo. La disciplina che indaga il linguaggio è del corpo è la prossemica, ossia la disciplina che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione.
Ad esempio, entrando in un ufficio è possibile capire le relazioni che legano le risorse semplicemente guardando le distanze tra di loro. Coloro che sono abituati a lavorare assieme saranno più vicini rispetto a coloro che, invece, non sono dello stesso team. La confidenza si legge nello spazio fisico che ci separa dall’Altro.
Il saper cogliere il non – verbale è una competenza molto importante per il Coach, sia per riuscire a comprendere le dinamiche in cui è inserito il proprio Coachee e sia per comprendere il sentito emotivo del Coachee stesso.
Anche la postura può essere significativa per capire lo stato d’animo di chi ci sta davanti. D’altronde, secondo vari studi la struttura del corpo rivela l’assetto psichico.
Attraverso la fisicità, quindi, si può far passare un messaggio di sicurezza o autorevolezza (tenere le spalle larghe e il mento sollevato denota una persona sicura) oppure trasmettere un senso di accoglienza magari sedendosi protesi verso l’altro, ad esempio.
Noi italiani, siamo conosciuti in tutto il mondo per il nostro gesticolare esagerato. La gestualità è un qualcosa di molto potente, perché aggancia il retropensiero e l’inconscio che poi verrà processato razionalmente dal conscio. Infatti, guardando un talk di TEDx, ad esempio, difficilmente vedremo gli speaker tenere le mani nelle tasche, perché il nostro inconscio leggerebbe tacitamente il messaggio di una persona che vuole nasconderci qualcosa.
Nel Coaching, viene richiesto al Coach di prestare completa attenzione al proprio Coachee, concentrandosi sul messaggio e sulle emozioni che sta comunicando. Una persona può dire una cosa a parole, ma comunicare qualcos’altro con il tono della voce, oppure attraverso i suoi gesti.
Non-verbale e paraverbale sono due aspetti della comunicazione che non possono essere colti solo tramite l’orecchio, ma che hanno una grandissima importanza. Per questo, il Coach deve allenare e sviluppare un’approfondita capacità di ascoltare, intesa nel senso complesso della cultura cinese, solo così sarà possibile “ascoltare” anche tra le parole, notando silenzi, toni di voce e linguaggio del corpo.
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