Di recente abbiamo condotto un percorso di Team Coaching all’interno di una banca, intervento richiesto in occasione del lancio di un nuovo prodotto assicurativo. Il progetto proponeva innumerevoli sfide: nuove strutture organizzative, nuove modalità di lavoro e competenze completamente diverse da quelle utilizzate fino a quel momento.
L’esigenza espressa dall’azienda cliente, per cui si era reso necessario un percorso di Coaching, era dunque quello di supportare le persone nell’affrontare il nuovo scenario lavorativo: il ruolo di molti di loro era radicalmente cambiato, si erano creati nuovi team e si erano innescate nuove dinamiche relazionali e gerarchiche.
Durante il percorso di Team Coaching sono però emerse ulteriori problematiche, più specifiche, inizialmente non previste e rilevate: mancanza di comunicazione, scarsa cooperazione, relazioni disfunzionali. Il problema era che, anche se tutti i partecipanti al percorso erano apparentemente motivati, dichiaravano di avere un buon livello di coesione e collaborazione, nei fatti non erano abituati a lavorare in team e per obiettivi comuni. Questo ha richiesto di focalizzarsi durante le successive sessioni di Team Coaching soprattutto sulla risoluzione delle nuove criticità emerse. L’obiettivo iniziale, per cui la banca aveva scelto di intraprendere un percorso di Coaching, era cambiato almeno in parte, era stato rivisto, modificato e dettagliato con più precisione per rispondere meglio alle reali esigenze dei team coinvolti.
Le reazioni da parte della committenza non sono state delle migliori: si è generato un iniziale malcontento e molta preoccupazione per l’esito del percorso. La sensazione era quella che il Coaching, invece di risolvere le problematiche, le avesse moltiplicate, amplificate e aggravate.
È stato quindi necessario, da parte dei nostri Coach, dapprima chiarire il senso della disciplina e i possibili risvolti che avrebbe potuto avere un percorso di questo tipo: non si trattava di aver generato nuove difficoltà, quanto piuttosto di aver reso manifeste disfunzionalità che se rimaste inespresse avrebbero potuto logorare dall’interno l’organizzazione e rendere fallimentare il progetto, come d’altronde era già avvenuto in passato. Poi, riallineare tutti gli attori coinvolti all’obiettivo riformulato, ridefinendo gli accordi iniziali.
Quella del caso descritto sopra è una dinamica quasi fisiologica, che si verifica in moltissimi – se non tutti – i percorsi di Team Coaching: nel corso delle sessioni emergono nuovi aspetti, nuovi bisogni e nuovi ostacoli che non si erano messi in conto, che a dire il vero spesso non si è in grado di prevedere a monte del percorso. È lo stesso processo di Team Coaching che permette ai team member di acquisire una più profonda consapevolezza delle dinamiche in atto e che “obbliga” i singoli individui e il sistema nel suo complesso ad adottare comportamenti differenti e più funzionali. Ci si allena ad osservare ed osservarsi, ad avere prospettive più ampie e differenti. Questo processo comporta necessariamente una riformulazione degli obiettivi e del contracting in modo che non vi sia disallineamento tra gli obiettivi per cui la committenza richiede il Team Coaching, e gli obiettivi reali su cui poi il percorso si costruisce e si focalizza.
Un percorso di Team Coaching implica quindi la definizione di più contratti:
- tra il team leader ed il Team Coach
- tra il team nel suo complesso ed il Team Coach
- tra ciascun membro del team ed il Team Coach
- tra il Team Coach e se stesso.
Ed inoltre:
- tra il team leader ed il team
- tra ogni membro del team e gli altri.
Ogni contratto definisce e chiarisce le “regole del gioco”, gli obiettivi che gli attori coinvolti decidono di raggiungere, i metodi di monitoraggio e misurazione dei risultati. Il contracting definito a più livelli aiuta a limitare l’eventuale disallineamento tra i diversi stakeholder coinvolti.
Il disallineamento rispetto agli obiettivi definiti in prima battuta, in realtà è un fenomeno che può verificarsi anche nei percorsi di Coaching individuale: in entrambi i casi, si tratta un passaggio estremamente delicato, è una dinamica capace di incidere sull’esito del percorso e se non viene gestita in modo competente compromette tutto il lavoro. Capire come affrontarla è cruciale, perché può fare la differenza rispetto all’efficacia e al successo del percorso.
Il disallineamento nel Coaching individuale
L’allineamento tra committenza e Coachee sugli obiettivi del percorso si stabilisce in fase di avvio, nel cosiddetto triangle meeting: un incontro in cui partecipano tutti gli interlocutori coinvolti per accordarsi sui motivi del percorso, sulla direzione da intraprendere e più nello specifico sulle competenze su cui lavorare nelle diverse sessioni. Qui è fondamentale evitare un clima giudicante, orientato ad accusare o a segnalare mancanze. Solo in questo modo infatti tutti i partecipanti possono esprimersi con sincerità – cosa che può essere difficile soprattutto per il Coachee. Così si creano le condizioni per un’autentica partecipazione di tutti, chiarendo che lo scopo per cui ci si trova lì è il bene comune, in modo che tutti collaborino allineati per ottenere un miglioramento collettivo.
Nonostante questo passaggio venga condotto magistralmente dai Coach, come racconta Deborah Bianchi, Senior Business Coach e Docente del Programma per Senior Practitioner in Business Coaching, può capitare che non vi sia corrispondenza tra ciò che emerge durante la fase di “assessment delle competenze” (in cui si verifica se e in che misura le competenze oggetto del percorso siano espresse nella quotidianità del contesto lavorativo, al fine poi di stendere la cosiddetta diagnosi condivisa, e delineare il piano di sviluppo) e ciò che si era accordato con la committenza. Può infatti emergere che il Coachee desidera lavorare su altro, oppure che le competenze su cui c’è bisogno di agire sono diverse da quelle che si pensava.
Questo può verificarsi o perché il Coachee non ha osato esprimersi di fronte ai suoi superiori, oppure per iniziale carenza di consapevolezza – poi acquisita proprio grazie al lavoro fatto. In questi casi bisogna intervenire, perché altrimenti il rischio è quello di non soddisfare, a fine percorso, le aspettative dello sponsor. È necessario dunque tornare alla committenza per stabilire un nuovo accordo, capendo insieme cosa va modificato e perché.
È però un passaggio delicato: il Coach deve stabilire – fin da subito – una relazione di fiducia con il Coachee, in modo che si senta protetto, non giudicato e così riesca a dichiarare liberamente, anche poi di fronte ai superiori, quali sono le sue volontà, esigenze e difficoltà. Il Coachee è sempre la priorità: va tutelato, trovando però il modo di rispondere comunque alle esigenze dell’organizzazione e lavorando per costruire un punto di incontro. Le competenze del Coach in gioco sono quindi:
- orientamento al risultato;
- integrità, per rimanere fedele a se stesso come professionista e agli obiettivi ultimi del Coaching;
- gestione di sé: possono generarsi tensioni con il Coachee e con la committenza, la paura può essere quella di risultare inadeguato e non affidabile come professionista;
- comunicazione interpersonale: per relazionarsi in maniera efficace al Coachee, mantenendo il clima di fiducia e di agio, ma anche alla committenza, nella fase di re-definizione degli obiettivi, per spiegare e motivare con chiarezza.
«La capacità di gestire un possibile disallineamento – dice Deborah – non solo garantisce risultati concreti all’azienda sponsor, ma dimostra anche la professionalità e la serietà del Business Coach».
Disallineamento nel Team Coaching
Nel Team Coaching, il fenomeno si verifica con dinamiche diverse, e non solo nel senso che sono amplificate a causa del maggior numero di persone coinvolte, ma anche per quelli che sono gli obiettivi peculiari del Team Coaching: creare coesione, incentivare la collaborazione e la co-responsabilità, sviluppare una leadership condivisa, portare il team a lavorare muovendosi compatto nella medesima direzione. Come afferma Annarita Galanto, Team Coach e Docente del Team Coaching Certificate®, «il lavoro fondamentale in un percorso di Team Coaching è allenare le persone a non percepirsi più come singoli individui ma come parte di un’unica entità»: lavorare sul ri-allineamento continuo di tutti gli attori coinvolti in un processo di Team Coaching e una delle attività fondanti del processo, per traghettare i team verso il raggiungimento di obiettivi comuni.
Anche in questi percorsi sono cruciali gli incontri iniziali, in cui si comincia a redigere insieme il “contratto”, che non è un documento meramente formale: va dedicato molto tempo e molta cura nel chiarire ed esplicitare ogni aspetto, far emergere il punto di vista di ciascuno, per verificare che vi sia allineamento sotto ogni prospettiva perché il disaccordo può scoprirsi anche quando c’è apparentemente concordanza di valori e obiettivi generali, nulla deve essere dato per scontato. Affinché ci sia totale trasparenza è importante creare un clima collaborativo di fiducia, scardinando l’idea potenziale che vi sia un’alleanza esclusiva tra sponsor, o team leader, e Coach. Il team, appunto, deve cominciare davvero a percepirsi come un’entità unica.
Il team per sua natura è e deve essere un sistema in continua evoluzione, in cammino verso sempre nuovi obiettivi, ciò implica che il contratto che si definisce all’avvio del percorso non è necessariamente definitivo, cristallizzato rigidamente in un’idea precostituita, ma si rimodellerà su ciò che man mano emergerà durante il lavoro del team, dalle nuove consapevolezze, dalle difficoltà che si incontreranno: si delinea meglio ciò su cui bisogna lavorare e ciò che serve mettere in campo per raggiungere gli obiettivi desiderati, per il raggiungimento di risultati concreti.
Proprio per le peculiarità della disciplina infatti, il contracting non è un passaggio che avviene una volta per tutte e si conclude dopo il primo incontro. Per garantire il massimo dell’efficacia è necessario invece che sia un processo, costituito da molteplici interventi di re-contracting, in cui tutti i partecipanti coinvolti lavorano attivamente per mantenersi allineati. Altrimenti tutto il percorso rischia di risultare vanificato. Come spiega il Senior Business Coach Carlo Boidi, gestire in modo adeguato il contracting consente concretamente di rafforzare le relazioni all’interno dei team, con ricadute evidenti sull’ingaggio degli individui e sulle performance.
È bene precisare che il fatto stesso che emerga un disallineamento non è sintomo di inefficacia della metodologia, quanto piuttosto un segnale che il percorso sta funzionando: «se accade vuol dire che stiamo lavorando bene, che ne vale la pena, anche perché il team, come anche l’organizzazione, è un organismo in continuo mutamento» – spiega Annarita.
In generale il Business Coaching mira ad innescare una trasformazione capace di coinvolgere insieme il singolo e i sistemi di cui fa parte. Soprattutto il Team Coaching, ma anche i percorsi individuali, possono portare benefici a tutta l’organizzazione: la disciplina ha infatti un impatto forte a livello sia individuale che sistemico. Anche per questo motivo, conoscere come mantenere allineamento tra tutti i soggetti che vi prendono parte, è di fondamentale importanza: è un aspetto da monitorare per garantire che il Coaching esprima il suo pieno valore.