Siamo nella primavera del 2014 e, seduto al tavolo della sala riunioni dell’ufficio di Istanbul, osservo Francesco (il nome è di fantasia) mentre presenta i risultati del proprio mercato nel corso della riunione mensile. C’è qualcosa che mi colpisce, non saprei immediatamente dire cosa; F. sembra un po’ diverso dal solito.
F. è uno dei manager a mio diretto riporto, un dirigente giovane ma già molto esperto, che considero fra i più preparati ed a cui è stata affidata la gestione di una delle aree di business più difficili ed importanti. La gestione dei meeting come quello di oggi però non è mai stata il suo punto di forza. Malgrado i suoi risultati siano spesso migliori di altri, non sempre riesce a comunicare e valorizzare adeguatamente il proprio lavoro; ciò costituisce un limite non solo per lui ma anche una mancata opportunità per i suoi colleghi, per i quali vorrei che le attività messe in campo sul mercato di F. rappresentassero una best practice ed un benchmark.
Stavolta però c’è qualcosa di diverso. F. parla meno, ma è molto più incisivo; spesso coinvolge altre persone del suo team, passando loro la parola, facendo un piccolo passo indietro per poi intervenire nuovamente, limitandosi a sottolineare i punti essenziali; anche il tono della voce ed il ritmo del parlato appaiono lievemente più bassi e più lenti; la presentazione poi è decisamente più breve e sintetica del solito, come se F. avesse più chiaro cosa ci si aspetta di discutere e si fosse liberato dall’ansia di mostrare tutto.
Durante il meeting non lo metto subito a fuoco, ma in quella Business Review sui risultati del primo quarter del 2014, sto anche osservando i risultati visibili di un percorso di coaching sui comportamenti di F.
Questo episodio, come capo diretto di un manager con cui collaboravo da anni, è stato il mio primo contatto approfondito con il Business Coaching, di cui avevo sentito parlare ma sul quale, assieme all’azienda per cui allora lavoravo, si era deciso di investire solo recentemente.
Inutile dire che a distanza di poco tempo decisi di trasferire questa esperienza direttamente su me stesso. Ricordo chiaramente le mie parole già a metà del mio percorso di coaching individuale: “L’avessi fatto prima…!”. Certo, ne avevo potuto fare a meno e non volevo assolutamente lamentarmi del mio percorso professionale e dei traguardi che avevo raggiunto. Ma senza dubbio dietro quella frase c’era in me la prima consapevolezza di come avrei potuto raggiungere gli stessi risultati, o anche migliori, in modo più rapido ed efficace, anche riducendo alcuni costi personali e forse con maggiore soddisfazione.
“Non è mai troppo tardi, però…”, aggiungevo fra me e me. Proprio in quei mesi stavo lasciando l’azienda per la quale avevo lavorato per molti anni ed ero in procinto di entrare in un’altra azienda, con un nuovo ruolo ed in un contesto molto diverso. Avevo capito che in quella fase il Business Coaching mi avrebbe potuto aiutare moltissimo.
Ma quali sono stati per me gli elementi essenziali di un percorso di Business Coaching e in che modo posso adesso dire che mi hanno consentito di essere un manager più efficace?
La risposta a questa domanda si racchiude a mio parere in tre parole chiave, che casualmente iniziano tutte con la lettera C: Consapevolezza, Comportamenti, Cambiamento.
La consapevolezza riguarda sia il contesto esterno che il proprio ruolo e, ancor più in profondità, se stessi e le proprie dinamiche interne, comprese naturalmente quelle emotive. Potrebbe apparire qualcosa di relativamente semplice da acquisire, ma in realtà la combinazione fra i nostri atteggiamenti consolidati e le impellenze lavorative di tutti i giorni ci rende in qualche misura “ciechi”.
Nel mio caso il coaching mi ha innanzitutto permesso di alzare lo sguardo in modo nuovo, assumendo prospettive di osservazione diverse da quelle che avevo fatto mie in tanti anni di lavoro. Questo non ha significato rinnegare i miei apprendimenti e convinzioni, ma semplicemente allargare l’orizzonte, rendendomi conto di come un’appropriata lettura del contesto esterno e del mio modo di relazionarmi ad esso meritasse più tempo ed attenzione di quanta ne avessi data in passato.
Questo era vero a maggior ragione nel passaggio che stavo vivendo fra un’azienda ed un’altra, assumendo un ruolo che, pur con elementi di contatto con quelli che avevo coperto nelle trascorse esperienze, aveva comunque obiettivi e caratteristiche in buona parte differenti.
Prendersi del tempo per osservare e, soprattutto, allenare la propria capacità di farlo, è per un manager un fattore decisivo. Soprattutto i momenti di discontinuità, che per le aziende costituiscono ormai da tempo la norma più che l’eccezione, richiedono un ripensamento nella propria modalità di affrontare le situazioni. In altre parole ai manager è richiesta una costante rivalutazione delle capacità necessarie per svolgere efficacemente il proprio ruolo ed uno sviluppo continuo di nuove competenze.
E sono qui alla seconda parola chiave: i comportamenti. Le competenze su cui il coaching si focalizza sono infatti quelle comportamentali, le cosiddette soft skills, che nella maggioranza dei casi rappresentano il vero fattore determinante per migliorare la performance individuale ed aziendale.
Nell’episodio da cui sono partito, le competenze tecniche di F. erano naturalmente sempre le stesse; niente era cambiato nella sua conoscenza del mercato, dei prodotti, della concorrenza, delle politiche di pricing. Ma agli occhi di tutti appariva chiaro che il suo modo di parlare e la scelta dei momenti in cui intervenire avevano subito un’evoluzione; inoltre la maniera in cui dava spazio al proprio team durante la presentazione lasciava intuire che qualcosa fosse cambiato anche nella sua modalità di gestire le persone. In sintesi, F. aveva messo in campo comportamenti diversi e più efficaci.
Nel mio passaggio alle nuova azienda decisi di dedicare meno tempo di quanto avevo fatto in passato allo studio dei dati e molto di più all’osservazione delle dinamiche interne e alla gestione del mio modo di interagire con gli altri. Capii che nel contesto e nel ruolo in cui stavo entrando non mi veniva richiesto di diventare rapidamente un esperto del settore (anzi, forse questo non sarebbe mai stato il punto determinante), mentre era importante costruire subito una relazione con le persone, soprattutto con i miei colleghi di altri dipartimenti.
Partecipando alle prime riunioni mi resi inoltre conto che lo spazio che veniva concesso all’analisi e alla riflessione era molto ampio e la rapidità nel giungere alle conclusioni o nel prendere decisioni erano secondarie rispetto al raggiungimento del consenso da parte di tutti, o comunque di un consenso molto ampio. Il ritmo dell’azienda era diverso a quello a cui ero stato abituato e, grazie al percorso di coaching che proprio in quei mesi stavo completando, me ne resi consapevole in modo chiaro.
Non solo, fui anche in grado, sicuramente non senza sforzo, di gestire i miei comportamenti di conseguenza. Dico gestire e non adeguare: ero comunque lì anche per cambiare qualcosa e da me ci si aspettava che portassi un nuovo approccio e che facessi sentire la mia voce. Ma riuscii a trovare la misura fra diventare una voce in mezzo al coro ed andare troppo rapidamente sopra le righe o, peggio ancora, stonare clamorosamente al mio debutto.
In altri termini, e sono qui alla terza parola chiave, capii che era utile cambiare. Non tutto, certo, ma cambiare qualcosa: abbandonare, o anche semplicemente accantonare momentaneamente, alcuni comportamenti per acquisirne di nuovi.
Il Business Coaching, dopo la fase di consapevolezza, sfida le proprie abitudini e pone di fronte alla fatica del cambiamento. Non a caso si parla di situazioni lavorative reali che diventano “palestre” e di comportamenti da “allenare”. È questa probabilmente la fase più impegnativa e talvolta capita di vivere la frustrazione derivante dal contrasto fra l’essersi resi consapevoli dell’importanza di cambiare i propri comportamenti e la difficoltà di riuscirci concretamente.
Ma nella mia esperienza il coaching è per sua natura un processo che porta frutti sia nel breve che nel lungo termine. L’abitudine ad osservare il contesto e sé stessi, la comprensione dell’importanza di cambiare, la sperimentazione delle prime modifiche nei propri comportamenti, sono infatti apprendimenti decisivi e difficilmente reversibili. Una volta costruite queste basi, un manager ha sostanzialmente acquisito nuovi strumenti per migliorarsi e con questi la capacità di proseguire anche in completa autonomia, proiettando i risultati visibili del Business Coaching ben oltre la conclusione del percorso vero e proprio.
E tu, vuoi rendere le tue performance più efficaci?
