Leader as a Coach – Live Sessions | Talk with Marco Airoldi

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Giovedì 15 aprile si è tenuto il primo appuntamento di Leader as a Coach, un ciclo di webinar organizzati da SCOA – The School of Coaching in cui manager, dirigenti e professionisti di diversi settori raccontano quali benefici abbiano concretamente riscontrato, a livello professionale e personale, grazie all’applicazione degli strumenti di Business Coaching nelle sfide quotidiane.

 

In questo webinar Rosy Bonfiglio, Business Coach, ha instaurato un dialogo con Marco Airoldi, Ceo di Koinos Capital SGR ed ex alunno di SCOA – The School of Coaching, per comprendere attraverso la sua esperienza in che modo il Business Coaching abbia migliorato l’interpretazione del proprio ruolo professionale e quale impatto abbia avuto questa metodologia sulla sua vita.

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    Tutti parlano ma nessuno ascolta

    Marco, ha incontrato il Coaching in maniera casuale, ma spinto dalla rilevazione di una mancanza concreta e dalla ricerca di una strada per rispondervi. Questo incontro, ci racconta, è stato incentivato in particolare dall’osservazione che nel mondo di oggi «tutti parlano ma nessuno ascolta».

    Discorrendo di questi temi con Roberto Degli Esposti, Executive Business Coach e Managing Partner, Marco si è così avvicinato alla pratica e, in seguito ad una conversazione illuminante con la Business Coach Monica Giacomini, ha deciso di intraprendere il Programma per Senior Practitioner, per apprendere strumenti nuovi e più efficaci.

    Un’esperienza faticosa ma molto potente, caratterizzata non tanto da lezioni teoriche, quanto piuttosto da esercizi pratici in cui mettersi in gioco: una vera a propria palestra, in cui allenare muscoli che non solo non hai mai usato, ma che addirittura non sapevi di avere. Il Programma permette infatti l’esplorazione del proprio potenziale e così la scoperta di competenze nuove, che si rivelano efficaci se sfoderate nel momento opportuno.

    L’ascolto, insieme alla capacità di trarre valore dal contributo di tutti per elaborare strategie ottimali, sono proprio alcune delle competenze, sebbene non le uniche, che è possibile allenare grazie al programma, e che si sono rivelate determinanti sia nell’aumentare la sua efficacia lavorativa che, più ampiamente nel migliorare le relazioni professionali e private.

    Il Coach non decide. Non dà soluzioni. Di fronte al problema, non suggerisce, ma si mette in ascolto dell’altro e fa in modo che sia lui, attraverso le domande, a riflettere, ed elaborare una soluzione. È necessario allora primariamente accettare che non esiste “la soluzione”, definita, perfetta e valida per tutti, esistono soluzioni che vanno bene nel qui e ora per la persona in questione, che ognuno può elaborare e costruire.

    Una cooperazione costruttiva

    Quello del Business Coach è quindi un atteggiamento, un modus operandi tanto difficile da attuare nei contesti lavorativi, quanto efficace nelle sfide manageriali.

    Il manager, infatti, così come chi svolge un ruolo di consulenza, deve prendere decisioni, spesso velocemente e in condizioni di incertezza. Deve coordinare il team o i propri interlocutori dando loro indicazioni. L’esercizio, per queste figure, diventa allora quello di conciliare questo aspetto con la capacità di ascoltare e comprendere il punto di vista altrui, per valorizzarlo e farne tesoro.

    C’è stata un’esperienza di training aziendale che è rimasta particolarmente impressa a Marco Airoldi: durante un’esercitazione che richiedeva l’esercizio della Leadership, l’aver assunto un atteggiamento direttivo e non inclusivo nei confronti del team, ha comportato il fallimento dell’intero gruppo. Un esempio concreto di come portare avanti la propria idea senza considerare il contributo dei propri interlocutori, si riveli in realtà non solo inefficace, ma addirittura controproducente.

    Grazie al corso in cui ha potuto conoscere e sperimentare la metodologia del Business Coaching, Marco è riuscito proprio ad allenare e adottare sistematicamente comportamenti più efficaci. Per esempio, racconta di una recente esperienza di acquisizione aziendale: il dialogo con gli interlocutori, e soprattutto la creazione di spazi in cui permettere loro di esprimere opinioni, esigenze e visualizzare il futuro, è la chiave per un’operazione di successo. Consente di trovare i punti di contatto e costruire così quella sinergia necessaria per agevolare le dinamiche relazionali e gettare le basi per una cooperazione costruttiva.

    Il cambiamento è sistemico

    Gli strumenti del Business Coaching, orientati proprio al miglioramento delle dinamiche relazionali, hanno così un impatto che non si limita alla sfera lavorativa, ma coinvolge la vita nel suo complesso. «Il cambiamento è sistemico» afferma Marco: le competenze acquisite durante il corso, non sono utili esclusivamente per gestire i rapporti in azienda, ma sono sfoderabili anche nelle situazioni quotidiane e intime, per facilitare e valorizzare le relazioni familiari.

    La gestione delle relazioni – osserva Rosy – è infatti uno dei temi che, come Business Coach, si trova ad affrontare più frequentemente, proprio perché molto sentito e diffuso in ambito professionale.

    E infatti – conferma Airoldi – le sfide legate alle competenze cosiddette “hard” sono sempre minori e più semplici: scoprire e selezionare le persone talentuose dal punto di vista tecnico non è difficile. L’aspetto sfidante riguarda piuttosto l’aspetto relazionale, ha a che fare con il saper stare e lavorare con gli altri. Queste competenze sono il vero fondamento su cui tutta l’attività manageriale si basa, perchè il funzionamento delle dinamiche relazionali è quello che poi permette la valorizzazione delle risorse di team e così anche il raggiungimento degli obiettivi di business.

    Gli altri: contenitori pieni di soluzioni!

    Per rivestire al meglio il proprio ruolo, il manager, così come il consulente, deve sforzarsi di abbandonare l’idea di essere colui che trova tutte le soluzioni e che prende tutte le decisioni: è necessario sganciarsi dall’immagine di sé come colui che deve dare risposte, e cominciare a guardare all’altro come fonte di possibili soluzioni.

    C’è quindi un tema forte di coinvolgimento e di distribuzione della responsabilità: l’altro non è un contenitore vuoto da riempire di soluzioni ma piuttosto un contenitore pieno di soluzioni interessanti che possono emergere, se stimolate attraverso uno scambio aperto. Non c’è la soluzione giusta per eccellenza, c’è la possibilità di mettersi in viaggio verso la costruzione della soluzione migliore, raggiungibile solo attraverso la capacità di soffermarsi ad ascoltare l’altro.

    «Una delle cose che mi ha stupito del Programma per Senior Practitioner» confida Marco «è apprendere l’importanza di far sì che l’altro verbalizzi, dica le cose»: il racconto del punto di vista altrui getta luce infatti su aspetti critici, fattori rilevanti e elementi vantaggiosi. «Il Coaching» prosegue Marco, concludendo «consente di guidare l’altro, ma non nel senso di portarlo dove vorresti tu, bensì accompagnandolo nell’elaborazione della soluzione migliore per lui».

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