Nel terzo modulo del Senior Practitioner in Business Coaching, “La finalizzazione del Coaching al contesto organizzativo e di business”, si è potuto toccare con mano quanto sia importante, per il Coachee, descrivere il contesto in cui lavora, il suo ruolo e le aspettative che l’azienda ha rispetto al ruolo stesso: questo è utile per prenderne le distanze e riuscire a guardarsi da una posizione di distacco, dall’alto. In pratica, è come se venisse chiesto al Coachee di salire su un elicottero (o su una mongolfiera) e raccontare ciò che vede guardando giù.
Abbiamo chiesto ad Alessandra Bonadies, che ha da poco concluso la sua esperienza come Sales Account Manager in Vodafone, di raccontarci che effetto hanno avuto su di lei questi due giorni.
- Ci racconti qualcosa su di te e sul motivo che ti ha spinto a iscriverti al Senior Practitioner in Business Coaching?
Ho avuto la fortuna di lavorare per due grandi colossi del settore TLC (Fastweb e Vodafone Italia) iniziando nella divisione Marketing per poi entrare in quella delle vendite, inizialmente come Sales Trainer e a seguire come Sales Account Manager. La mia carriera è iniziata nel 2003 e lo scorso settembre ho deciso di lasciare l’Azienda e iniziare un nuovo percorso orientato ad acquisire maggiori strumenti e conoscenze focalizzati sull’aspetto più umano delle organizzazioni. Qualche anno fa ho conseguito una certificazione in Gestalt Counseling e il mio desiderio era esattamente quello di affiancare a questo titolo una specializzazione come Business Coach. Da questo forte bisogno, dopo una ricerca molto accurata e una serie di pareri e confronti, ho scelto SCOA – The School of Coaching e quindi mi sono iscritta al Senior Practitioner in Business Coaching.
- Più volte, nei due moduli precedenti, è stato detto che il terzo sarebbe stato un punto di svolta. Dopo averlo seguito, ritieni anche tu che sia così? Perché?
Direi proprio di sì. Ultimamente, con il mio bambino di due anni e mezzo, abbiamo iniziato a divertirci giocando con i puzzle. Ecco, prima di questo terzo modulo, l’immagine che avevo davanti era più un’idea, adesso invece è una cosa quasi tangibile. Quando ho scelto SCOA, avevo delle aspettative legate a ciò che conoscevo rispetto al ruolo di Business Coach. Una volta iniziato il percorso, tra il primo e il secondo modulo, ho cominciato a comprendere quello che potesse essere, ma, onestamente, ancora non percepivo il metodo, non avevo con me una cassetta degli attrezzi, non sapevo da dove iniziare se avessi avuto davanti a me un Coachee. Dopo l’ultimo weekend trascorso con Alberto Camuri e i miei preziosi compagni di viaggio, invece, ho la sensazione che la mia idea inizi a prendere una forma. Ora ho davvero una cassetta degli attrezzi, ho più chiaro il metodo. Da questo momento il bisogno è quello di ‘’allenarmi’’, di fare esperienza, di aprire la cassetta e iniziare a impugnare ciò che mi serve.
- L’argomento del modulo era l’analisi del contesto organizzativo in cui il Coachee si muove. In che modo ritieni sia utile in relazione al percorso del Coachee? Che effetto ha fatto su di te sperimentare questo invito a “salire sull’elicottero” (o sulla mongolfiera)?
Quando si è immersi completamente in un contesto organizzativo o di business è molto complicato fermarsi a osservare, riflettere, e farlo soprattutto con gli occhi di chi guarda dall’esterno. È successo anche a me, quando ero assorbita completamente dal mio ambiente lavorativo: è una posizione che non ti dà modo di percepire ed essere realmente consapevole dei comportamenti tuoi e delle persone che ti circondano, che condividono con te lo stesso contesto. Salire sulla mongolfiera, che significa prendere le distanze dalla situazione che si vive in prima persona, mi ha concesso, durante il role play, attimi di silenzio, di osservazione, di riflessione, ho potuto cosi astrarmi e di conseguenza vedere cose che in realtà non avevo mai visto. Elementi utili, che definirei essenziali poiché motori di un cambiamento.
- Un tema ricorrente è quello del tempo. Considerando che a breve comincerete le sessioni di Coaching sperimentale, in che modo i moduli seguiti pensi ti abbiano preparata a gestirlo meglio?
Il concetto del tempo è spesso male interpretato. Insieme a stress, team, leadership, sono tutti termini che utilizziamo in maniera impropria. Li utilizziamo così tanto da non percepirne più il reale significato. Questo modulo mi ha aiutata a ritrovarlo: il tempo è quello spazio nel quale accadono cose, a volte in silenzio, altre volte in maniera più rumorosa. Il tempo ha un ritmo e all’interno di una sessione di Coaching sperimentale sapere di dover definire un inizio e avere ben chiara una conclusione mi permette di utilizzare quello spazio di mezzo per far riflettere, osservare e per stimolare e potenziare la consapevolezza.
- Che aspettative hai riguardo al quarto modulo?
Nell’ultimo role play ognuno di noi ha individuato le sette competenze legate al suo ruolo in azienda su cui lavorare. Mi aspetto che si faccia un lavoro di condivisione di queste competenze, per sviluppare la consapevolezza che esiste un ruolo, esisto io come Coachee ed esiste il modo in cui io, Coachee, interpreto le competenze di quel ruolo. Immagino che il lavoro si svilupperà per fare sì che a partire da quelle identificate, il Coachee possa far emergere le sue di competenze, prendendo atto dei suoi comportamenti, di come cambiano in base alla sua interpretazione e come potrebbero cambiare in base a quello che l’azienda si aspetta. Si concluderà la parte di preparazione e si aprirà il tema dello sviluppo, per capire come le competenze si integrano nel modo che ognuno ha di agirle quotidianamente nella vita lavorativa. Tornando alla metafora del puzzle su cui io sto “giocando”, mi aspetto di aggiungere ancora dei pezzi e fare in modo che si avvii verso un disegno sempre più chiaro.