Con il sesto modulo, i partecipanti al Senior Practitioner in Business Coaching hanno sperimentato per intero il modello PR.O.V.A., in cui, nel percorso con il Coachee, si parte dall’identificazione del problema per arrivare a un’azione per risolverlo, attraverso un cambiamento comportamentale. Quali sono i suoi effetti sul Coachee? E in che modo lo studio di questo modello segna un punto importante nella strada per diventare Coach? Lo abbiamo chiesto a Claudia Loconsolo, studentessa della 43° edizione del Master in Senior Pactitioner in Business Coaching.
- Ci racconti qualcosa su di te e sul motivo che ti ha spinto a iscriverti al Senior Practitioner in Business Coaching?
Ho lavorato per molti anni nel settore delle TLC, con ruoli diversi che mi hanno permesso di conoscere prima il mondo sales e poi quello della formazione e della selezione del personale. Ho avuto l’opportunità di imparare molto e di vivere un contesto innovativo, dinamico ed energico in cui c’era la possibilità di crescere e di partecipare a progetti sfidanti. A Ottobre ho deciso di investire ulteriormente nel mio sviluppo e ho iniziato a fare uno scouting di diverse scuole di Coaching scegliendo alla fine SCOA – The School of Coaching perché mi rivedevo di più nel metodo SCOA, molto orientato all’azione.
- Il sesto modulo è stato quello in cui avete messo in pratica il modello PR.O.V.A. nella sua interezza: quali pensi siano i vantaggi principali dell’utilizzarlo in una sessione di Coaching? Che effetto ti ha fatto sperimentarlo da Coachee?
Credo che i vantaggi di questo metodo siano tantissimi, ma i principali derivano dal fatto che il modello PR.O.V.A. permette di individuare con un buon grado di precisione il problema, l’obiettivo e che cosa può fare il Coachee per raggiungerlo. Come ci ha detto anche Marianne Froberg, la docente del sesto modulo, la definizione dell’obiettivo è parte della soluzione. Come Coach, questo è un modello di cui ti devi fidare, bisogna avere la capacità di seguirlo e di unirlo al flusso di pensieri del Coachee per aiutarlo ad arrivare dove deve. In questi due giorni ho anche potuto sperimentare la sua efficacia come Coachee, quindi ora so quanto il modello PR.O.V.A. possa lasciare il segno positivamente: spinge a fare cose che non si sono mai fatte, spinge davvero all’azione.
- Ci sono due strumenti che, in diversi moduli per chi frequenta il Senior Practitioner in Business Coaching e in vari momenti per chi sta facendo un percorso da Coachee, ricorrono: la B.E.I. e il role play. In che modo pensi che possano aiutare a raggiungere risultati differenti a seconda del momento in cui vengono applicati?
Nella mia esperienza, ho trovato molto efficace il far raccontare al Coachee un episodio, quindi uso tantissimo la B.E.I. per aiutare la persona a pensare ad aspetti che non aveva valutato, partendo dall’analisi di come ha agito più o meno bene i comportamenti previsti dal suo ruolo. Il role play, invece, permette di allenare un comportamento che è stato individuato come migliorabile. All’interno del PR.O.V.A., il role play è fondamentale perché è tramite questo strumento che si arriva a trovare un’azione da mettere in atto per allenare quel comportamento. È il punto di partenza di un allenamento, si comincia in sessione a farlo e poi si inizia a volare. In questo contesto, forse usare la B.E.I. rende meno immediato il vantaggio del racconto, ma è utile perché aiuta il Coachee a spaziare, a essere più flessibile, soprattutto quando ci si trova davanti Coachee meno restii a lasciarsi andare o a mettersi in discussione.
- La cassetta degli attrezzi da Coach si sta facendo sempre più grande. In che modo pensi che il modello PR.O.V.A. ti abbia avvicinato di più agli obiettivi che hai nei confronti di questa professione?
Il PR.O.V.A. è il cuore del processo, è il momento in cui il Coach deve scalare la marcia delle sessioni con il Coachee. Seguendo questo metodo, si ha la possibilità di mettere in atto le competenze del ruolo del Coach, come la gestione di sé, la capacità di dirigere il traffico emotivo, per aiutare il Coachee ad essere concreto, trovare la soluzione e iniziare a lavorare sull’obiettivo che si è dato. Più l’obiettivo è chiaro e più questa fase diventa forte, perché nel PR.O.V.A. il cervello si allena a vedere una cosa e a percepirla come già fatta, quindi la rende un comportamento. A me, come Coach, ha permesso di identificare su quali competenze io stessa devo lavorare per ricoprire questo ruolo nel migliore dei modi.
- Che aspettative hai riguardo al settimo modulo?
Nel prossimo modulo ci cimenteremo con la creatività, quindi mi aspetto di arricchire ancora di più gli strumenti a mia disposizone. Fino ad adesso ci siamo concentrati sugli strumenti e sul processo (B.E.I., role play, visioning, mindfulness), spero di vedere i diversi metodi in cui gli strumenti e il processo possono essere applicati. La parte creativa è funzionale a creare lo stato d’animo o il clima che permette a Coach e Coachee di entrare davvero nella sessione e stare concentrati.