“Chi vuol comprendere un testo deve essere pronto a lasciarsi dire qualcosa da esso. […] Tale sensibilità non presuppone né un’obiettiva “neutralità” né un oblio di se stessi, ma implica una precisa presa di coscienza delle proprie pre-supposizioni e dei propri pregiudizi” scriveva Hans Gadamer nel suo libro “Verità e metodo”.
Secondo il filosofo tedesco Hans Gadamer, per comprendere un testo sinceramente e intimamente è necessario prendere coscienza delle proprie pre-supposizioni e dei propri pregiudizi, sospenderli, essendo pronti a metterli in discussione.
Forse questo è simile a ciò che viene richiesto al Coach? Infatti, una caratteristica fondamentale che identifica il rapporto Coach – Coachee è un dialogo non giudicante in cui il Coachee, a suo agio nel raccontare e raccontarsi liberamente, viene stimolato continuamente dal Coach con domande e osservazioni che vadano a indagare lo stato delle cose.
Più facile a dirsi che a farsi! La propensione ad esporsi, a commentare e a dare pareri è un sentimento che vive nell’animo dell’essere umano e per arrivare ad abbandonarlo, o meglio sospenderlo, ci vuole molto allenamento ed esercizio.
I pregiudizi
Avere coscienza delle proprie presupposizioni e dei propri pregiudizi, usando le parole del filosofo tedesco, richiede per prima cosa una buona gestione e conoscenza del sé. La vera insidia dei pregiudizi ad esempio, risiede nell’atto difficoltoso di riconoscerli in quanto tali: spesso sono talmente radicati e silenti in noi e nella nostra forma mentis da non rendercene neanche conto.
D’altronde, la parola pregiudizio deriva dal termine latino praeiudicium, termine che a sua volta è composto da prae, “prima” e iudicium, “giudizio”. Insomma, stiamo definendo un pensiero che aleggia silenzioso ancor prima della formulazione di un giudizio cosciente vero e proprio.
Come scovare i pregiudizi?
Come anticipato, un primo passo è una un’indagine approfondita e autentica del sé, che può essere condotta domandandosi ad esempio “Perché penso questo? Che origine ha il mio pensiero?” oppure, un’altra strategia è provare a vedere le cose da un’altra prospettiva “Io penso in questo modo, ma perché l’ Altro pensa diversamente?”
I pregiudizi possono essere considerati preziosi, perché frammenti del nostro passato (ciò che ci hanno trasmesso i nostri genitori, i nostri amici, o eredità del contesto in cui siamo cresciuti, nel bene o nel male) e reminiscenze inconsce di esperienze. Sia chiaro, non portano necessariamente a conclusioni errate, ma conducono a un ragionamento non oggettivo. Per questo è opportuno saperli riconoscere. Soprattutto per un Coach.
La sospensione del giudizio
Un’altra virtù del buon Coach, è la sospensione del giudizio, anche di un giudizio basato su solide basi.
Affinché il rapporto Coach e Coachee sia costruttivo, occorre che sia libero e aperto e, soprattutto, basato sulla fiducia.
Per questo è importante che il Coachee non si senta giudicato in alcun modo dal proprio Coach. Il rapporto Coach – Coachee è alla pari, dove è molto importante che il Coach non si ponga su di un piedistallo a erogare sentenze, consigli oppure giudizi.
La sospensione del giudizio, è il primo passo per evitare un’idea manipolatoria della realtà solo perché piace a noi. Facendo, così, un passo indietro il Coachee diventa il protagonista dei suoi pensieri e ragionamenti.
Allo stesso tempo, la sospensione del giudizio permette quel ascolto attivo e aperto che caratterizza il ruolo del Coach. Senza giudizi, la mente è libera da costrizioni o etichette, crea la giusta distanza che permette di vedere le cose dall’alto e impedisce quella possibile immedesimazione del Coach nel proprio Coachee.
Il Coach, durante le sessioni, gioca il ruolo di specchio, riflettendo i pensieri e le considerazioni dell’Altro. Non vi è un rapporto di amicizia o di consigliere basato sullo scambio di giudizi o pareri. Il Coach è l’ausilio in un cammino di autocoscienza, il megafono che strilla i pensieri inespressi del Coachee.
La sospensione del giudizio è lo strumento tramite il quale il Coach si fa veramente strumento e volano per l’Altro. La rinuncia di dare voce ai propri pensieri è un atto di generosità e di altruismo che deve essere allenato con esercizio continuo.
Tuttavia, qualora fosse necessario esprimere giudizi, è importante che vengano espressi come possibili ipotesi, da testare e verificare. Il Coach non fornisce suggerimento, il contenuto viene solamente dal Coachee.
Quello il Coaching si definisce così come attività in netta opposizione alla consulenza vera e propria, fatta di consigli, suggerimenti, pareri a cui affidarsi.
Riprendendo le parole di Gadamer, Chi vuol comprendere un testo deve essere pronto a lasciarsi dire qualcosa da esso e il Coach, che vuole comprendere il proprio Coachee, deve essere pronto a lasciarsi dire qualcosa, che potrà essere accolto sinceramente solamente da una mente libera da giudizi.
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