Intervista a Deborah Bianchi, Executive Business Coach.
Quando si svolgono attività di Group o Team Coaching spesso si utilizzano esperienze interattive per analizzare comportamenti, tematiche e bisogni specifici del gruppo/team. Insieme a Deborah Bianchi, Executive Business Coach specializzata nell’apprendimento esperienziale, abbiamo messo in evidenza gli aspetti principali di questo tipo di attività per capire in che modo quello che all’apparenza può sembrare solo un semplice gioco di gruppo possa essere in realtà una profonda esperienza di apprendimento.
1.Qual è l’utilità delle esperienze di gruppo?
L’esperienza di gruppo è molto diversa da quella che si fa nel lavoro one to one: il gruppo favorisce l’apprendimento cooperativo, stimola le persone a sganciarsi dall’esperienza puramente cognitiva e a lavorare su una sfera più sensoriale ed emotiva. Come affermano gli studiosi John Dewey, Kurt Lewin e Jean Piaget, quando si sta in gruppo si crea inevitabilmente un legame con gli altri, si osserva e si apprende dall’esperienza propria e altrui. La condivisione e il confronto con il gruppo fanno scaturire riflessioni, attivano il recupero di ricordi e la costruzione di nuovi punti di vista. Percepire il vissuto e le emozioni degli altri attiva un vero e proprio scambio energetico: si è tutti connessi e si reagisce insieme – ma ognuno a suo modo – a ciò che accade, e questo diventa occasione di apprendimento cooperativo. Ascoltare il proprio corpo e poi confrontarsi con il gruppo dà la possibilità di scoprire nuove parti di sé, di prendere maggiore consapevolezza dell’impatto che i propri comportamenti hanno sull’altro e nelle dinamiche di team, avviando un processo di cambiamento nella vita lavorativa (e non solo), a volte anche repentino.
2.Che cosa rende questo genere di esperienze così potenti?
È un’esperienza molto potente proprio in virtù dell’inevitabile interdipendenza che si genera: sei lì, sei presente, e l’atteggiamento degli altri attiva delle emozioni che devi necessariamente gestire. Il coinvolgimento è facilitato dalla dimensione ludica, che libera da ansia e preoccupazioni che di solito entrano in campo quando si affrontano tematiche lavorative. Questo permette di stimolare riflessioni nuove e far nascere le domande: “perché mi sono comportato così?”, “mi comporto così sempre?”. Oppure “perché in questa occasione ho avuto questo atteggiamento e nel contesto lavorativo invece non riesco?”. Lavorare in gruppo consente anche di ricevere una restituzione, un feedback, da diversi punti di vista che rende ancora più profonda la riflessione: ogni attività, infatti, viene sempre seguita da un debrief strutturato, in cui si analizzano tutte le fasi del processo e si stimola una condivisione delle esperienze del singolo e di comprensione delle dinamiche di gruppo. L’apprendimento esperienziale, dove la conoscenza si sviluppa mediante l’osservazione e la trasformazione di ciò che accade, consente quindi al soggetto di affrontare situazioni di incertezza sviluppando comportamenti adattivi e migliorando, nel contempo, la capacità di gestire la propria emotività nei momenti di maggiore stress.
3.Come si progetta un’esperienza di gruppo?
In base all’obiettivo dichiarato dal cliente, si prepara una macrostruttura che poi, una volta discussa ed approvata, viene affinata con livelli di innovazione diversi in base alla situazione e alla richiesta. A questo punto, nel confronto con i colleghi, entrano in campo stimoli di ogni tipo: partendo dall’esperienza acquisita negli anni, si ripensa ai giochi, si prende spunto da elementi esterni del mondo del lavoro, si procede per ipotesi, si provano strade diverse fino a che non si trova quella più adatta. Ci può essere poi una fase di revisione, quella in cui si prova a mettere in pratica l’attività, dove cambiare, magari, anche passaggi importanti. Lo svolgimento stesso delle attività è caratterizzato da una grande flessibilità: può succedere di doverle ricalibrare in base alle persone, di modificarle considerando i caratteri e i vissuti dei partecipanti. La progettazione è costantemente in divenire.
4.In base a cosa si sceglie un’attività al posto di un’altra?
La cosa importante, per qualsiasi tipo di attività, è creare un “setting” gradevole ma che predisponga al cambiamento. In prima battuta, infatti, proponiamo sempre al cliente di svolgere le attività in una location diversa dalla sede operativa dell’organizzazione e, quando possibile, all’aperto. L’attività outdoor offre ovviamente molti stimoli a livello sensoriale, ma anche nelle esperienze indoor riusciamo ad attivare molto i partecipanti attraverso l’utilizzo di svariati tool esperienziali. Scegliere con cura cosa proporre al gruppo è fondamentale perché se le attività non vengono pensate, presentate, sviluppate ed eseguite in maniera corretta, si possono rivelare un boomerang. Il rischio, infatti, è che vengano percepite come “un gioco carino”, ma poco utile, uno spreco di tempo, quando invece hanno un potenziale altissimo. Nella fase di analisi e di organizzazione delle attività, con il cliente, bisogna riuscire a identificare quale sia il reale bisogno, aiutando gli stakeholder a capire e ad allinearsi su quale sia l’obiettivo da raggiungere. Dall’obiettivo poi si scende sui comportamenti specifici, facendo una riflessione accurata con un approccio Coaching. È fondamentale tenere ben presente che tipo di popolazione sarà coinvolta: differenze di ruolo, anagrafiche, di attitudine, etc. Facendo attenzione a non tralasciare nessun aspetto e questo comporta che per ogni gruppo l’esperienza sia pensata “su misura”, non esiste il one size fits all.
5. Come reagiscono le persone a questo tipo di attività?
C’è sempre molta curiosità, alcune persone arrivano con un po’ di timore perché non sanno cosa aspettarsi. A volte si pensa che il coach sia lì per “profilare” i partecipanti è quindi indispensabile creare, sin dai primi minuti, un clima di fiducia facendo sentire le persone libere di esprimersi e di far emergere ogni perplessità. È molto importante avere una grande attenzione per la persona, la sua dimensione intima e personale deve essere assolutamente rispettata. Ci sono partecipanti che entrano subito in sintonia con quello che si propone, altri invece che fanno più fatica: si deve quindi prestare estrema cura a come viene comunicata e gestita l’attività, ricordando costantemente che la misura la fanno i partecipanti, ognuno con il suo modo di guardarsi dentro e con la propria filosofia personale. Capita, raramente ma capita, che alcune persone decidano di non partecipare: noi non obblighiamo nessuno, è comunque un’esperienza, e offriamo la possibilità di entrare nel gioco liberamente qualora la persona cambiasse idea. E succede. È molto bello vedere come le persone comunque escano dall’esperienza diverse da come sono entrate ed è sempre piacevole ricevere feedback positivi, al termine dell’esperienza, soprattutto da chi appariva più diffidente e critico nello svolgimento delle attività.
6. Come funzionano le esperienze interattive di gruppo da remoto?
L’esperienza da remoto è altrettanto valida, pur essendo molto diversa da quella in presenza. Nella vicinanza e nella condivisione di uno spazio fisico percepisci l’energia della persona e del gruppo nel suo insieme. Vedi la tridimensionalità dei corpi e puoi osservare come si muovono, tutte cose che vengono meno nell’online. L’attività da remoto però può risultare più gradevole a chi è meno propensa alla socialità, la persona si sente protetta e maggiormente a proprio agio. Anche qui nella progettazione è importante la fase creativa: gli esercizi che si possono fare sono più limitati, ma durante la pandemia abbiamo trovato nuove soluzioni sfruttando al meglio tutta la tecnologia di cui disponiamo, con l’utilizzo delle stanze virtuali e dei nostri tool che abbiamo prontamente sviluppato anche in digitale. Il coinvolgimento e l’attivazione dell’emozioni avviene comunque in maniera efficace. Oggi riusciamo a svolgere potentissime attività in remoto anche con persone e team dislocati in tutto il mondo, che altrimenti per questioni di tempo e di budget non potremmo attivare.
7. Ci racconti un episodio di un’esperienza interattiva che secondo te è stata particolarmente significativa?
In quanto “esperienze” sono sempre tutte memorabili e significative. Di recente mi ha colpito un’attività di group coaching proposta ad un gruppo di sessanta manager, divisi in cinque sottogruppi, che abbiamo incontrato per cinque volte ogni tre settimane. Si trattava di un grosso cliente con ritmi lavorativi molto stressanti ed un ambiente estremamente formale e gerarchico. L’aspetto interessante di questo lavoro è stato vedere la trasformazione progressiva di alcuni partecipanti: arrivati un po’ diffidenti, rigorosamente in giacca e cravatta, hanno gradualmente dismesso “la formalità” e hanno cominciato a “giocare” più liberi (dalle giacche e non solo) entrando in contatto con il proprio portato emotivo e cominciando a riconoscere anche quello degli altri. Hanno scoperto come dare feedback oggettivi, chiari e non giudicanti, ma soprattutto hanno compreso che il loro cambiamento avrebbe potuto contaminare tutta l’organizzazione. A tutti i nostri clienti ricordiamo sempre la celebre frase di Mahatma Gandhi: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.