Chi è e cosa fa un Business Coach: intervista a Lucia Giulia Nuzzi

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Perché scegliere la professione del Business Coach? Abbiamo intervistato Giulia Lucia Nuzzi, ex alunna di SCOA – The School of Coaching, che ci ha raccontato come ha maturato la decisione di iscriversi al Senior Practitioner, e quale impatto ha avuto sulla sua vita questa esperienza.

Nata in una famiglia multiculturale, Lucia Giulia Nuzzi ha un percorso formativo e professionale che spazia in diversi ambiti, riflettendo i suoi molteplici interessi, la sua grande passione per la conoscenza e per una visione più ampia dei fenomeni unite al desiderio di approfondimento. Ha frequentato la Scuola Tedesca di Milano, dall’asilo alla maturità, si è poi laureata in Scienze biologiche, affascinata dal mondo di cui facciamo parte come esseri viventi e dal modo in cui interagiamo con esso, analogamente alle singole cellule in un organismo. Oltre a una formazione di stampo analitico-scientifico, segue da tempo un percorso di sviluppo personale attraverso la pratica di raja yoga, seminari e studi specifici. Si è dedicata inoltre con passione alla chitarra classica presso il Conservatorio, al lavoro dell’attore, al teatro d’avanguardia e alla danza contemporanea.

Con un’esperienza di oltre 20 anni nel general management, educational management e nelle relazioni internazionali, è entrata in contatto con molte realtà e culture diverse. In ultimo, ha ricoperto il ruolo di direttrice del Centro linguistico dell’Università Bocconi, con un focus molto forte sul people management, occupandosi della gestione di un team di circa 70 risorse, tra la squadra amministrativa e i docenti.

Lucia Giulia Nuzzi si presenta a noi con molta gentilezza ed eleganza: iniziamo subito la nostra piacevole chiacchierata, per entrare nel merito della sua scelta professionale.

Che cosa l’ha spinta a scegliere di intraprendere un percorso di Business Coaching?

Il desiderio di comprendere me stessa, gli altri e la realtà che mi circonda, e poter affiancare le persone nel proprio percorso, sono essenzialmente il filo conduttore delle mie scelte professionali e personali. In particolare, questa mia propensione è emersa durante l’esperienza in Bocconi: sono riuscita a creare squadra con il team di cui ero responsabile, ero naturalmente orientata ad ascoltare i miei colleghi e collaboratori e sostenere il potenziamento delle loro capacità e talenti. Anche se ancora non conoscevo né usavo esplicitamente il vocabolo, ho in quell’occasione fatto i miei primi passi da Coach e maturato la decisione di dedicarmi più specificamente allo sviluppo delle persone in ambito professionale.

Com’è avvenuto allora l’incontro vero e proprio con la disciplina?

Grazie al confronto con alcune mie conoscenze nell’ambito della consulenza, con cui ho parlato non solo del mio interesse verso questa area, ma anche di questa mia inclinazione e di alcune competenze che possedevo e che non sapevo ancora essere proprie del Coach. L’ascolto, la presenza non giudicante, erano tutti comportamenti per me spontanei e applicati quotidianamente, così mi sentivo spesso chiedere “Perché non fai il Coach?”.

Approfondendo le mie conoscenze su questa professione, ho iniziato a riflettere se fosse il momento per attuare un nuovo cambiamento professionale. Ho scelto quindi di iscrivermi al Senior Practitioner, perché volevo coltivare questa mia personale modalità d’essere, non solo a mio beneficio ma anche per dare un contributo all’esterno, agli altri attraverso un percorso professionalizzante.

Che cosa l’ha portata a scegliere nello specifico la realtà di SCOA – The School of Coaching?

Un mio buon conoscente mi aveva nominato questa Scuola. Un aspetto determinante per la mia scelta è stata la presenza di un riconoscimento a livello di una delle principali associazioni internazionali del settore. Aveva molta importanza per me, sia come ulteriore garanzia sui livelli qualitativi della proposta formativa, sia per la possibilità poi di un’interazione e di un confronto con un panorama non solo italiano, ma più ampio.

Ricordo inoltre che già durante il workshop di presentazione, mi incuriosì l’offerta formativa diversificata. L’approccio di SCOA è multidisciplinare, con strumenti che attingono ad altri ambiti, come creatività e Mindfulness. È inoltre sperimentale, altamente professionalizzante e qualificante. Prevede anche il possesso di un’esperienza pregressa nell’ambito della gestione delle persone assicurando una certa maturità da parte dei partecipanti.

Che cos’ha significato per lei l’esperienza del Senior Practitioner?

La Scuola mi ha lasciato molto, ha dato un apporto concreto alla mia persona e alla mia professione. Ricordo l’intero percorso come un’esperienza molto faticosa, impegnativa, ma altresì gioiosa.

Il Senior è stato significativo su più livelli. Mi ha permesso di apprendere un metodo e mi ha fornito strumenti e attrezzi da utilizzare nelle sessioni di Coaching, ma ancor di più mi ha stimolato il desiderio di incrementarli e aggiornarli continuamente e di proseguire nel mio sviluppo professionale. Per esempio, approfondendo il Team Coaching, lavorando con colleghi su progetti comuni.

L’aspetto più impattante è che si è trattato di un vero e proprio percorso di crescita per la mia persona: frequentando il Senior Practitioner sono stata contemporaneamente sia Coach che Coachee. Si diventa Coach sperimentando su di sé la disciplina e i suoi benefici e intraprendendo quindi un percorso di potenziamento personale. Grazie alle esperienze in aula con i compagni si mette in atto una sorta di Coaching vicendevole.

C’è un modulo o una tecnica del Senior Practitioner che si è rivelata particolarmente utile in seguito o un apprendimento che è stato per lei più significativo?

Ce ne sono tanti, è stato un percorso molto ricco… mi è difficile sceglierne uno solo. Questa domanda evoca in me tanti momenti.

A pensarci bene, un aspetto per me importante è stato senza dubbio la classe: eravamo un gruppo frizzante, tutti desiderosi di apprendere, capire e fare insieme. Si instauravano dinamiche molto fruttuose e stimolanti, anche grazie alla qualità elevata del corpo docenti. Con molti di loro, compagni e docenti, sono ancora in contatto: questo è stato un ingrediente per me significativo, la creazione di relazioni autentiche, costruttive e durature. A questo proposito, ricordo la potenza degli acquari, momenti di condivisione reciproca, o ancora la celebrazione collettiva dei traguardi raggiunti insieme.

Lucia Giulia è visibilmente emozionata – mi commuove quasi pensarci – dice.

Perché, a termine del Programma, ha scelto di prendere anche la qualificazione EQA? Quale valore aggiunto dà al Business Coach come professionista?

Mi sono iscritta al Senior Practitioner già con l’idea di conseguire questa certificazione, per assicurarmi la possibilità di azione a 360 gradi anche a livello geografico.

In realtà il riconoscimento delle competenze EQA ha significato molto di più: non ha valore valutativo, ma è un confronto che si costruisce tra il divenente Coach ed EMCC. La stesura della tesina richiede di mettere in atto una autoanalisi, per prendere consapevolezza sul percorso e su come accrescersi ulteriormente, come professionista e anche come persona. Non è una fotografia del presente, ma è uno sguardo sul proprio divenire, che consente di porre l’attenzione sul proprio agito e sul proprio orientamento, essere consapevoli sullo stato attuale e definire dove si vuole andare.

Vi è quindi un impatto molto più profondo, al di là della possibilità importante di ottenere un riconoscimento ufficiale che testimoni la propria serietà e competenza.

Oggi è anche membro della commissione tecnico scientifica degli EMCC Italia. In cosa consiste la sua attività?

La Commissione tecnico scientifica ha responsabilità specifiche rispetto a EMCC Italia e più ampiamente rispetto al territorio. Siamo un gruppo di Coach professionisti, con un’interazione a tutto tondo con EMCC, con i soci potenziali o già acquisiti e gli stakeholder, per promuovere i valori di EMCC, le culture del Coaching, del Mentoring e della Supervisione. Principalmente ci occupiamo di individuare argomenti attuali, tematiche utili e relatori di rilievo per l’aggiornamento dei soci e anche di individuare aree di interesse per la ricerca scientifica. Inoltre partecipiamo alla definizione dei processi associativi.

La collaborazione con il gruppo ha già di per sé molto valore: è un’opportunità tra Coach professionisti di condividere prospettive diverse e creare insieme progetti e lavori di utilità comune. È un’attività arricchente anche perché porta a una maturazione più consapevole del significato del nostro ruolo: la propria responsabilità come Coach, Mentor o Supervisor, non solo rispetto al proprio agito con i Clienti, ma anche rispetto al contributo che possiamo dare più ampiamente alla società.

In cosa consiste la sua attività professionale oggi?

Oggi lavoro sia con aziende, nel management e nel top management, e anche con Clienti esterni, consulenti e liberi professionisti. Mi confronto principalmente con realtà complesse, di cambiamento aziendale, merger, passaggi generazionali. Trovo molto interessante poter seguire i Clienti, sia individualmente sia le squadre.

Nella mia attività affianco la persona nel fare emergere le sue risorse, i suoi talenti, rispettandone i valori, le ambizioni. Invito anche a includere i diversi elementi della realtà in cui opera, perché questo permette di realizzare nuove scelte e nuovi comportamenti in una visione più ampia e integrale e quindi in un modo più duraturo.

Per me è fondamentale costruire insieme sin dall’inizio una relazione di rispetto, fiducia e stima: una relazione che si basa su chiarezza, trasparenza, sull’assenza di valutazione e di giudizio.

In generale, ho un approccio olistico al Coaching, cercando di selezionare gli strumenti più adeguati alle esigenze specifiche del Cliente e della situazione. Di volta in volta attingo dalle mie esperienze professionali, formative e personali.

Chi dovrebbe, secondo la sua esperienza ed opinione, scegliere di iscriversi al Senior Practitioner?

È un percorso che senza dubbio non si rivolge esclusivamente a chi vuole diventare Business Coach. Può essere molto utile per tutti coloro che, per il loro ruolo professionale, sono chiamati a relazionarsi con altre persone, collaboratori, clienti, membri di uno stesso board. È quindi un corso per chi ritiene importante la cooperazione con l’altro, per chi si interfaccia quotidianamente con la sfida di interagire: dà consapevolezza, visione, tutti strumenti indispensabili per costruire relazioni potenzianti e fruttuose.

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