Nella prima parte dell’articolo abbiamo esplorato concetti fondamentali relativi alla riflessività e relazionalità nelle organizzazioni. Ora entriamo nel cuore del tema del riconoscimento e analizziamo il suo impatto sull’efficacia dell’infrastruttura relazionale.
l processo di riconoscimento e l’impatto sull’efficacia dell’infrastruttura relazionale
Cosa intendiamo per processo di riconoscimento? Intendiamo l’intero processo attraverso cui una persona viene vista, accettata e validata nella sua interezza, sia come individuo che come parte di un gruppo o di una società. Esso implica una relazione reciproca, un’interazione sociale in cui entrambi i partecipanti sono attivi e si comprendono a vicenda. Questo termine è carico di significato filosofico, psicologico e sociale, poiché descrive un bisogno umano fondamentale di essere riconosciuti, non solo per ciò che facciamo, ma per chi siamo.
Il riconoscimento è un elemento fondamentale per lo sviluppo dell’identità individuale e professionale, per la coesione organizzativa e lo sviluppo di competenze (G. Varchetta, 2024). Il mancato riconoscimento, al contrario, porta a sofferenza psicologica, demotivazione, alienazione e senso di ingiustizia.
Il riconoscimento reciproco si manifesta attraverso una serie di comportamenti osservabili che dimostrano attenzione, empatia, rispetto e apprezzamento. Questi comportamenti includono l’ascolto attivo, la comprensione emotiva, il rispecchiamento, l’espressione di gratitudine e l’offerta di feedback e sostegno. Queste azioni contribuiscono a creare un ambiente di fiducia e collaborazione, in cui ci si sente riconosciuti e valorizzati, favorendo relazioni collaborative efficaci e positive.
Il riconoscimento è fondamentale per lo sviluppo di organizzazioni sane, ma, come evidenziato dall’interessante grafico qui sotto, è spesso sottovalutato dai datori di lavoro.
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Il processo di riconoscimento dal punto di vista neuroscientifico
Nel processo di riconoscimento sono coinvolte diverse aree cerebrali e ormoni che creano un’esperienza di connessione, empatia e validazione sociale. Questo processo innesca meccanismi legati all’empatia (neuroni specchio), all’elaborazione emotiva (sistema limbico), alla regolazione cognitiva e sociale (corteccia prefrontale), e al legame affettivo (ossitocina). Nel suo complesso, il riconoscimento rafforza la coesione sociale, migliora il benessere emotivo e stimola la neuroplasticità del cervello, creando un ciclo virtuoso di connessioni più forti e gratificanti.
Daniel Siegel, uno dei più autorevoli neuroscienziati nel collegare la psicologia con le neuroscienze, utilizza il concetto di mente relazionale (D. Siegel, 2021) per coniugare il livello del sinaptico con il sociale. Siegel afferma che: “Le connessioni umane plasmano le connessioni neurali, ed entrambe contribuiscono allo sviluppo della mente: relazioni interpersonali e collegamenti neurali danno insieme origine a un’entità – la mente – che è più della somma delle sue parti”.
Prosegue con un esempio. Quando qualcuno ci parla, la sua voce induce nell’aria un flusso di energia cinetica; i nostri timpani rispondono allo stimolo creando un flusso di energia elettrochimica che si muove lungo i nervi acustici e poi si diffonde all’interno di circuiti neurali del cervello: il segnale è propagato da ioni che attraversano la membrana plasmatica dei neuroni coinvolti e dal rilascio di neurotrasmettitori nelle loro connessioni sinaptiche. Se i pattern di eccitazione così generati corrispondono a profili appresi in precedenza, questi flussi di energia hanno un valore informativo e possiamo capire ciò che ci è stato detto.
Ad esempio, se una persona dice ad un’altra “glykanera”, la seconda non ricava alcuna informazione da quel suono. Sarebbe forse in grado di ripetere lo stesso suono ma il termine, nel suo complesso, non avrebbe alcun riferimento simbolico. Se invece conosce il greco, sa che glyka nera significa “acqua dolce” e il pattern di energia corrisponde ad un pattern di informazioni. Se questa persona è stata sulla spiaggia di Creta dal nome Glyka Nera le si accenderanno tutta una serie di ricordi ed emozioni comprendendo esattamente il significato, i pensieri e le emozioni dell’altra persona. Le due persone possono entrare in una risonanza emotiva.
Siegel afferma che “succedono cose meravigliose quando le persone si sentono sentite, quando percepiscono che la loro mente è contenuta nella mente di un altro”. Comprendere ha proprio questo significato: pendere il mondo dell’altro dentro di noi. Comprendere è un livello molto più alto dell’ascolto attivo e dell’ascolto risonante.
Quando comprendiamo l’altra persona:
– Ci sintonizziamo sulla stessa lunghezza d’onda mentale ed emotiva (come un diapason)
– Vediamo il mondo e lo percepiamo come lo vede e lo percepisce l’altra persona
– Comprendiamo la connessione tra il suo pensare-sentire-agire
– Entriamo in uno spazio di co-creazione, come se le due menti fossero un’unica mente.
Siegel utilizza il termine mindight per definire “la capacità di essere presenti a sé stessi, percepire la mappa mentale dell’altro e percepire la relazione tra sé e l’altro” (un senso di “noi” nella relazione).
Nella mindsight (mindful + insight) ci sono 3 dimensioni:
- Insight: la consapevolezza di ciò che avviene dentro di noi
- Empatia: la capacità di percepire il vissuto interiore di un’altra persona
- Integrazione: la capacità di percepire cosa avviene tra noi e l’altra persona.
La capacità di promuovere il coordinamento e l’equilibrio del nostro mondo interno e di quello degli altri, integrando le differenze. L’integrazione avviene dentro di noi e fra di noi e fa emergere qualcosa che è più della somma delle parti.
Si passa quindi dal riconoscimento alla comprensione reciproca alla mindsight. Nella mindsight, individuale e sociale sono connessi. È questo che crea la relazionalità funzionale nelle organizzazioni. Per Siegel il riconoscimento, la comprensione reciproca è alla base della capacità di portare avanti dialoghi riflessivi.
Ed ecco quindi come riflessività, relazionalità e riconoscimento si sostengono a vicenda.
Considerazioni sulla leadership e sulla formazione dei futuri leader
Una leadership saggia è quella che sa prendersi cura dell’organizzazione instaurando una relazione generativa con quest’ultima, coltivando riflessività, relazionalità e riconoscimento reciproco, favorendo l’emergere di un chiaro senso di scopo, identità e direzione organizzativa.
Tale stile di conduzione permette alla generatività di manifestarsi in forme concrete come l’innovazione, l’apprendimento e la crescita, sia personale che collettiva.
I manager a ogni livello devono prepararsi e acquisire le competenze necessarie per adottare comportamenti efficaci e basati su conoscenze solide, evitando soluzioni improvvisate o superficiali. Hanno la responsabilità di creare ambienti positivi e stimolanti, in cui le relazioni siano un motore di sviluppo e collaborazione reciproca. Questo richiede un investimento costante in competenze relazionali e un’esperienza adeguata.
La comunità dei consulenti che accompagna le organizzazioni nel loro sviluppo deve essere altrettanto preparata, lavorando in sinergia per sostenere l’evoluzione del sistema organizzativo nel suo insieme.
Credo che nei corsi di laurea e anche nelle migliori business school con gli MBA più quotati, manchi un apprendimento sui temi della riflessività, della relazionalità e del processo di riconoscimento. Credo che questa sia una mancanza importante nella preparazione di futuri manager e in generale di ogni individuo della società.
In questi anni la mia soddisfazione più grande credo sia stata quella di portare nelle scuole superiori questi concetti a livello dei docenti e dei dirigenti scolastici. Nonostante i finanziamenti del PNRR siano prevalentemente destinati all’innovazione tecnologica – anche laddove questa risulti inutilizzabile per incompatibilità con l’infrastruttura esistente – dirigenti scolastici lungimiranti trovano il modo di integrare percorsi di apprendimento orientati alle competenze umane e alla relazionalità, anche attraverso bandi che inizialmente hanno tutt’altro scopo.
Queste competenze umane e relazionali sono alla base sono alla base di organizzazioni sane, di una scuola e di una società più coese e collaborative. Perché, come afferma il neuroscienziato Daniel Siegel, è la qualità delle nostre relazioni interpersonali che modella direttamente il nostro cervello e la nostra mente.