Lo scorso 26 novembre, la nostra sede in via Leopardi ha ospitato la nuova edizione dell‘ evento Alumni. E’ stata una piacevole occasione di incontro e confronto in cui ritrovare i compagni di corso e ampliare il proprio network. Il percorso dell’evento alumni dell’anno 2019 è stato disegnato per porre delle domande su di noi, sul nostro ruolo e sulla relazione tra i due.
Come sempre, SCOA si è ispirata al mondo dell’Arte per proporre, in una chiave di lettura creativa, stimoli e spunti di riflessione. Per l’occasione abbiamo “vestito” gli spazi dei nostri uffici come se fosse un teatro, allestendo una vera e propria galleria espositiva ed esperienziale in cui i partecipanti potessero immergersi, osservare, ascoltare, riflettere, scrivere…e agire! In questo percorso di meravigliosa scoperta ci hanno accompagnato due attori Gennaro Iaccarino e Rosy Bonfiglio.
Che cos’è il ruolo?
Uno degli elementi principali con cui lavora il Business Coach è il concetto di ruolo. Nel ruolo vengono definite l’insieme dei modelli di comportamento attesi, degli obblighi e delle aspettative che convergono su un individuo, che ricopre una determinata posizione in azienda.
L’etimologia della parola ruolo proviene dal latino rotulu(s), che non è altro che un rotolo utilizzato come registro, o copione: ciò suggerisce che, come avviene nel mondo del teatro, nel rotulu(s) l’attore interpreta un personaggio all’interno di un “copione” e quindi nel ruolo stesso.
In generale potremmo dire che il ruolo si realizza sempre all’interno di un patto con la collettività. É l’esito della cristallizzazione delle norme e dei valori sociali, che definiscono le modalità e i contenuti comportamentali di una specifica posizione sociale. Norme che possono essere sia esplicite (codici giuridici o deontologici, contratti scritti) sia implicite (regole di un gruppo di pari, etichetta, consuetudini culturali etc.). Il ruolo ha dunque una dimensione di aspettativa e una dimensione normativa: l’assunzione di un ruolo ci obbliga ad agire secondo comportamenti attesi.
Nella nostra vita tutti noi impersonifichiamo tantissimi ruoli diversi: padre/madre di famiglia, amico/a, impiegato/a in ufficio, compagno/a di squadra. Nell’agire i nostri ruoli all’interno di contesti diversi, attiviamo comportamenti diversi.
In sociologia l’insieme dei ruoli complementari di una data istituzione o contesto viene chiamato role set (dottore-infermiere-paziente). Nel nostro lavoro tendiamo a comportarci diversamente quando siamo in relazione con un pari livello, un livello superiore oppure un cliente esterno. Si tratta di un insieme di posizioni interconnesse tra loro, che si definiscono all’interno di un regolamento condiviso, talvolta dichiarato, talvolta implicito, ma in ogni caso certamente vincolante.
L’io e il mio ruolo
Dove finisce il mio “io” puro e inizia il mio ruolo? Quanto sono costretto a sacrificare di me stesso per fare spazio a ciò che il ruolo mi impone di essere/fare? Come trovare un equilibrio tra me e tutti i ruoli che interpreto? Ma soprattutto: sono consapevole del fatto che il ruolo esista e che non coincida necessariamente o pienamente con chi sono?
Durante l’evento abbiamo posto queste domande, e sono emersi molti spunti di riflessione che hanno invitato a riflettere sulla dimensione di “sdoppiamento” che comporta ricoprire diversi ruoli.
Il terzo modulo del Programma per Senior Practitioner in Business Coaching, condotto dall’ Executive Business Coach Alberto Camuri, approfondisce quella che nel rapporto con il Coachee si configura proprio come l’Analisi di ruolo, proponendo non a caso un percorso “a imbuto” che dall’area più ampia del contesto organizzativo stringe il campo sulle caratteristiche e competenze del ruolo, per poi calarsi nella persona che lo ricopra. É emerso che la progressione è fondamentale nel favorire una distinzione consapevole tra queste tre istanze (l’organizzazione, il ruolo, la persona), ed è altrettanto importante per chiarire la loro interconnessione.
Coniugare la mia identità alle esigenze dell’organizzazione e quindi, del mio ruolo, è un passaggio cruciale per rafforzare l’equilibrio della mia persona. In virtù di questo equilibrio io sento di non rinnegare me stesso per una maschera di obblighi in cui non mi rispecchio, ma di plasmarmi alle responsabilità a cui sono chiamato, senza lasciare la mia essenza “in camerino”!
Ma se il ruolo che ricopro mi impone di comportarmi in un determinato modo, come posso fare diversamente? Questa sarebbe certamente una delle domande più tipiche che potrebbero scaturire da tale osservazione.
In più, come posso fare diversamente? Una consistente dose di creatività è perennemente necessaria per reinterpretare un ruolo e rompere i rigidi schemi del “si fa così”. Occorre mettere in discussione convinzioni e abitudini, e soprattutto essere disposti ad affrontare i rischi e le paure di cui ogni cambiamento, rinnovamento, novità sono forieri.
Perciò il Coaching è una preziosa guida: ci aiuta a leggere e ad analizzare bene il copione ed il ruolo, a concretizzare ciò che abbiamo colto dal testo attraverso la nostra sapiente interpretazione, e a vestire i panni del nostro personaggio solo dopo aver imparato a “volergli bene”, a non giudicarlo, a stipulare una solida connessione, possibile solo se siamo profondamente consapevoli e conoscitori di noi stessi.
Così come ogni attore non potrebbe restituire al meglio corpo, voce e cuore a un personaggio, se non fosse pienamente padrone del proprio strumento umano.
Accade così che allora, come in ogni gioco di prestigio ben riuscito, “il trucco c’è ma non si vede”!