L’esperienza del Senior Practitioner: modulo 7

L’esperienza del Senior Practitioner: modulo 7

L’esperienza del Senior Practitioner: modulo 7

Per la 43a edizione del Senior Practitioner in Business Coaching, si è svolto anche il settimo modulo, quello che offre un focus sulle tecniche creative che i Coach possono utilizzare nelle sessioni. I vantaggi sono molti, perché l’utilizzo di strumenti come il disegno, la musica, i post it e tanti (potenzialmente infiniti) altri permette al Coachee di ragionare in un modo a cui non è abituato e, di conseguenza, può fare emergere riflessioni più profonde, che lasciano una traccia ancora più evidente. Com’è andata? Ne abbiamo parlato con Roberta Pugliese, professionista del settore della moda e del lusso, che dopo anni in grandi organizzazioni ha scelto di dedicarsi alla consulenza e al Coaching.

  • Ci racconti qualcosa su di te e sul motivo che ti ha spinto a iscriverti al Senior Practitioner in Business Coaching?

    Mi chiamo Roberta Pugliese, sono di Milano e la mia carriera si è sviluppata nella moda, in particolare nel mondo retail e del lusso con grandi marchi come Max Mara, Prada, Jil Sander e Loro Piana. Sono da sempre appassionata di sviluppo delle risorse e dei talenti e il Business Coaching mi ha interessata via via sempre di più, fino al punto da desiderare farne la mia nuova professione. Per realizzare questo progetto, ho individuato nel Senior Practitioner di SCOA il corso più vicino a me: il motivo per cui ho scelto questa scuola è innanzitutto la metodologia, quella che si sviluppa lungo i sette passi. In più l’ho sentito da subito come un corso pragmatico, meno filosofico, molto vicino al mio modo di concepire la vita in azienda. Inoltre, prima di iscrivermi ho chiesto dei feedback di alunni precedenti, che erano molto positivi. Ora che siamo quasi alla fine del percorso, sto capitalizzando quello che ho imparato con l’attività di consulenza, sempre per il settore del lusso, e di Business Coaching per liberi professionisti. Sto mettendo a frutto l’esperienza di trent’anni all’interno di grandi organizzazioni insieme all’’apprendimento del metodo SCOA.

  • Nel settimo modulo avete parlato di creatività, una competenza che non sempre trova spazio nelle organizzazioni. Capita frequentemente che i partecipanti di questo modulo arrivino pensando di non essere creativi affatto, per poi scoprire che invece la creatività è una competenza che padroneggiano: com’è cambiata la tua idea di te come persona creativa e come il tuo approccio alla creatività in generale?

    Ognuno di noi possiede un suo mondo creativo, una sorta di scrigno della creatività. Anja Puntari è stata fenomenale nel riuscire a stimolare il gruppo alla scoperta del proprio scrigno individuale e di team. Abbiamo vissuto in prima persona come una semplice parola, un oggetto, un’immagine, una musica possano aprire incredibili mondi cognitivi ed emotivi. In questo modo la creatività diviene la vera opportunità per trovare infinite vie di pensiero, soluzioni impensate e così nutrire enormemente la relazione tra le persone. Ho scoperto di essere creativa nel senso di poter creare qualcosa attraverso immagini e oggetti inaspettati, usando strumenti diversi. Non avevo mai provato ad utilizzare insieme strumenti o metodi differenti, è stato nuovo per me e ho scoperto che con i Coachee funziona molto. Immagini, carte, simboli, post-it, pennarelli: è come se ognuno di questi mezzi fosse una lingua diversa, una babele cognitiva che però tira fuori tanto dal mondo interiore del Coachee.

  • Quali pensi che siano i vantaggi principali dell’utilizzo delle tecniche creative durante le sessioni di Coaching?

    Attraverso queste tecniche possiamo guidare il Coachee a conoscere  territori inesplorati di se stesso, raggiungere nuove consapevolezze e allo stesso tempo rinforzare la relazione tra Coach e Coachee. Possiamo creare la magia di quello che nel corso del weekend abbiamo definito “pensare con le mani”! Il modo di approcciare la creatività ci dice molto del Coachee e al tempo stesso apre al Coach delle viste ulteriori sullo schema secondo cui pensa e sente. È come un punto di vista nuovo che aiuta a capire il dentro delle persone.

  • Alla fine del weekend, vi è stato consegnato un piccolo plico con degli esempi di tecniche creative e avete provato a utilizzarle in una sessione di prova. Quale hai sperimentato? Quali sono state le differenze principali tra una sessione più “parlata” e una in cui la creatività ha svolto un ruolo? Con quali altre tecniche ti piacerebbe cimentarti?

    Ho sperimentato più volte la “tecnica della catastrofe”, durante la quale si chiede al Coachee di immaginare le conseguenze peggiori di una data situazione per poi lavorare sui metodi per evitarle, che ho trovato così utile nel dissipare i dubbi;  ho apprezzato anche quella della “bacchetta magica”, ovvero il chiedere al Coachee di immaginare di avere la possibilità di trasformare la realtà a suo piacimento e di raccontare ciò che realizzerebbe, una tecnica che amo perchè tende a valorizzare l’individuo e i suoi “superpoteri” in un approccio di ottimismo e di proiezione in avanti. Ogni tecnica ha il suo valore unico. Ho usato anche le mappe cognitive: in abbinamento all’intervista danno la possibilità di creare un documento dove i pensieri o gli output vengono ancorati. I Coachee si portano via il foglio stupiti della ricchezza di idee emerse e non se ne liberano, lo tengono con sé. Questo fa sì che le parole non restino nell’aria, ma vengano fissate: è un ancoraggio molto potente rispetto al solo parlato.
  • L’ottavo modulo sarà molto diverso dai precedenti. Che aspettative hai al riguardo?

    L’ottavo modulo riguarda la Gestione del sé, che credo rappresenti il cuore del percorso del Senior Practitioner, la parte intangibile più potente che regge emotivamente l’intero processo di Coaching con il Coachee. Attendo questo modulo con grande curiosità e a braccia aperte! Mi aspetto che mi dia degli strumenti in più per aiutarmi in questa nuova professione: la cassetta degli attrezzi non è fatta solo di tecniche o metodologie, ma anche di strumenti interiori, i più preziosi. Possono diventare la luce che illumina il buio del Coachee o nostro, come Coach. Lo aspetto con grande entusiasmo anche perché sarà una cosa diversa: al posto dell’aula, che ormai è diventata un luogo consueto, andremo fuori e l’idea di andare in un posto nuovo in mezzo alla natura col gruppo è proprio bella. Il contesto della natura aiuta ancora di più e ci fisserà questo modulo (e tutta l’esperienza del Senior Practitioner in generale) in maniera ancora più profonda.

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