Giunti quasi alla fine del programma per Senior Practitioner in Business Coaching di SCOA – The School of Coaching, e una volta appresi gli strumenti che possono essere necessari per portare avanti la relazione con il Coachee, si affronta uno dei temi più importanti per il Coach, quello della gestione del sé, delle risorse emotive e le strategie comportamentali. Durante l’ottavo modulo del percorso si approfondisce il tema del “Coach come Strumento”, ovvero si riflette sulla consapevolezza del Coach nella gestione delle sue risorse emotive, delle sue scene comportamentali e come riconoscerle e gestirle.
Il Coach ha a disposizione tanti modelli e strumenti da utilizzare con il Coachee ma lo strumento più importante per il cliente rimane il Coach stesso. L’ottavo modulo è introspettivo e concreto: si esplorano e sperimentano le tecniche attraverso cui il Coach può lavorare su di sé e facilitare il suo cliente.
Tuttavia, per creare al meglio queste condizioni serve innanzitutto che il Coach maturi una profonda consapevolezza e gestione di sé. L’ottavo modulo infatti si focalizza sull’ultimo stadio del processo di maturità del Coach. Vediamo insieme quali sono i 4 stadi del processo secondo David Clutterbuck, Practice lead at Coaching and Mentoring International Ltd.
Strumenti per la gestione di sé: gli schemi comportamentali e la mindfulness
Siamo tutti influenzati dalle esperienze che abbiamo vissuto durante la nostra vita: questo processo si chiama ‘condizionamento’ e influisce su come percepiamo il mondo che vediamo. Abbiamo degli schemi mentali che impattano sulla nostra visione della realtà, sulla percezione degli altri e sui nostri comportamenti, molti dei quali non raggiungono il livello della nostra consapevolezza.
Nel Programma per Senior Practitioner in Business Coaching andiamo a capire quali sono alcune delle nostre convinzioni, le nostre spinte, i benefici e i costi che paghiamo per queste. Non andiamo a cambiare niente, semplicemente definiamo i comportamenti che sono utili e quelli che non lo sono.
Utilizziamo inoltre i principi della mindfulness che consistono nel prestare attenzione, ma in un modo particolare, intenzionalmente, nel momento presente e senza giudizio. Seguiamo Jon Kabat-Zinn, ideatore della Mindfulness Based Reduction.
L’atteggiamento di un Coach consiste proprio in questo, nell’essere presente con il Coachee, nel momento presente e sospendendo il giudizio. Questi sono gli atteggiamenti che creano uno spazio in cui il Coachee si sente al sicuro e che avviano l’esplorazione che porta alla consapevolezza di sé e di conseguenza alla gestione del sé.
L’ascoltarsi ed essere empatici
L’attenzione che diamo a noi stessi ci permette di accogliere pienamente l’altro. Prendersi il tempo di ascoltare se stessi porta chiarezza, energia e fiducia.
Prima di ascoltare gli altri ascoltiamo noi stessi. Facciamo un check-in: “che pensieri, emozioni, sensazioni fisiche sento?” è quello che ci chiediamo come Coach.
Non proviamo a spingere via quello che non piace e non andiamo a cercare solo quello che ci aggrada: stiamo con quello che c’è per noi in questo momento. Impariamo a riconoscere il nostro stato d’animo così da poter essere molto più presenti per il Coachee.
L’autoaccettazione è infatti il primo passo verso la genuina accettazione degli altri.
Uno dei punti fondamentali per mantenere vive le relazioni professionali e non, è imparare a sentire in modo empatico ciò che accade dentro di noi, soprattutto quando attraversiamo un momento di difficoltà.
L’empatia verso noi stessi richiede che volgiamo l’attenzione, ascoltandoci, verso la nostra interiorità e accogliamo ciò che accade.
Il Coach deve sapere cosa c’è oltre la comunicazione verbale
Ascoltare non significa solamente prestare attenzione alle parole che dice il Coachee.
Durante il modulo affrontiamo il modello di Albert Mehrabian, psicologo statunitense e docente presso l’University of Los Angeles, che evidenza come il verbale definisca il 7% della comunicazione, il para-verbale il 38% e il non-verbale il 55%.
Questa statistica ci fa riflettere sul fatto che l’atto verbale nella comunicazione è sicuramente soltanto un elemento, e forse non quello principale. Intervengono la mimica facciale, i gesti, il verbale, il paraverbale, le emozioni, i cambiamenti d’espressione, i silenzi.
Tutti elementi indispensabili alla professione del Coach, che deve imparare a saperli analizzare senza dare consigli o esprimere giudizi, attivando gli strumenti che abbiamo sopra citato – gli schemi comportamentali, la mindfulness e l’ascolto.
Questo esercizio allena la competenza della presenza mentale. Si dice che la regola da seguire è che il Coach parli per meno del 20% del tempo, mentre l’altro 80% è tutto nelle mani del Coachee.
Le emozioni per gestire sé stessi e il cliente
Nella nostra cultura le emozioni e la loro espressione sono considerate un “tabù”, e molto spesso l’educazione ci ha insegnato a non manifestarle, a reprimere, soprattutto, ma non solo, quelle considerate negative (rabbia, invidia, ecc).
La realtà è che manca una reale “educazione alle emozioni”, perché non ci hanno aiutato a riconoscerle e gestirle.
Ora, in particolar modo nel mondo del Business Coaching, questa educazione ci pare più che mai necessaria per raggiungere un miglior benessere per noi, per i collaboratori e clienti.
Ci chiediamo: per un Coach, perché è importante riconoscere le proprie emozioni? Perché è importante aiutare il Coachee a riconoscere le proprie? Per fare questo, è necessaria molta consapevolezza emotiva e gestione del proprio sé.
Avere a che fare con la sfera emotiva di una persona esterna a noi non è cosa semplice, anzi, il ruolo del Coach è di rilevanza non indifferente.
Un Coach che esercita la consapevolezza emotiva sa:
- riconoscere le proprie emozioni ed i loro effetti
- sa quali emozioni sta provando in quel determinato momento e perché
- si rende conto del legame tra i propri sentimenti e ciò che pensa, fa e dice
- riconosce l’impatto delle proprie risposte emotive sugli altri e sull’ambiente
Il nostro ruolo come Business Coach consiste infatti nel creare le condizioni in cui il Coachee può diventare più consapevole di sé, del proprio comportamento, dell’impatto che ha sugli altri. Può capire quali competenze gli siano necessarie per raggiungere i suoi obiettivi professionali e aziendali e come svilupparle e allenarle.