I cambi al vertice di un’impresa o di un dipartimento rappresentano una fase delicatissima nella vita di un’organizzazione. Durante questo processo si possono presentare diversi tipi di ostacolo: questi possono insidiare la buona partenza di un nuovo capo e molto spesso sono nascosti anche a coloro che li pongono.
Vediamone uno attraverso un case study, proponendo l’esperienza di un direttore di stabilimento che avrebbe potuto sabotare il nuovo direttore a causa del suo atteggiamento protettivo.
L’atteggiamento che crea l’ostacolo
Durante una sessione di Coaching ci siamo soffermati sulla relazione tra il mio cliente, direttore di stabilimento di un’azienda manifatturiera, ed il suo nuovo direttore generale.
“Lo conosco ancora poco” ha detto il mio cliente descrivendo il nuovo COO, “è giovane e viene da un settore diverso, dovrà ancora imparare molto, sicuramente porterà qualche buona idea, dobbiamo essere aperti ai cambiamenti, no?”
A prima vista, questo sembra essere un buon atteggiamento da adottare di fronte ad un cambiamento così importante, lontano da una dinamica di conflitto. La dichiarazione verbale infatti non manifesta una particolare ostilità.
Abbiamo esplorato la situazione mediante una Management Constellation e ogni elemento da mettere in scena è stato scritto su di un foglio. Quindi abbiamo provveduto a rappresentare sul primo foglio il direttore di stabilimento, ovvero il mio cliente, e su di un altro foglio il nuovo direttore generale. Oltre a questi due protagonisti abbiamo ritenuto importante mettere in scena altri tre elementi:
- i compiti dello stabilimento
- i clienti
- i collaboratori
Il mio cliente ha disposto a terra i fogli in maniera spontanea e senza seguire uno schema logico predeterminato.
Che cosa è emerso?
Nel Management Constellation che si è venuto a delineare, il foglio rappresentante il nuovo capo era posizionato alle spalle del mio cliente mentre lui aveva di fronte a sé i fogli rappresentanti suoi collaboratori, i clienti e i compiti dello stabilimento.
Una volta invitato il mio cliente a posizionarsi sul foglio che indicava il suo posto, ha descritto da lì la situazione che vedeva.
“Sento che devo tenere tutto bene sotto controllo, sono tempi difficili! Devo stare vicinissimo sia ai miei collaboratori che ai nostri clienti e avere sempre sott’occhio gli obiettivi di produzione, bisogna stare all’erta”, mi dice.
L’unico elemento non menzionato nella sua descrizione era proprio il nuovo direttore generale. Dunque invito il cliente a immedesimarsi nella posizione del suo capo e a descrivermi la percezione della situazione da quel punto di vista.
Alla domanda “Come si sente nei panni del direttore generale?”, il cliente risponde: “è una sensazione terribile, mi viene una gran rabbia. È come trovarmi dinanzi una fortezza invalicabile”.
Come abbiamo elaborato i risultati?
In molte aziende regna ancora incontrastata la concezione che il comportamento umano è un output rispondente a logiche razionali.
Purtroppo la realtà è ben diversa, come dimostrano i recenti studi di psicologia di Daniel Kahneman in Pensieri lenti e veloci, e di neurofisiologia come quello di Antonio Damasio in In cerca di Spinoza: pensieri, emozioni, intuizioni e sentimenti interagiscono in maniera spesso imprevedibile nel determinare i nostri comportamenti e la razionalità necessita di opportuni strumenti per poter governare consapevolmente le nostre azioni.
Nel nostro case study abbiamo applicato questo principio.
Questo atteggiamento protettivo del cliente si sarebbe manifestato al di là degli sforzi razionali impiegati per tenere sotto controllo il comportamento e avrebbe potuto, nel tempo, dare àdito a incomprensioni e conflitti con il direttore generale. La pericolosità di queste situazioni è dovuta all’inconsapevolezza che spesso le contraddistingue. In questo caso, il mindset che non si manifestava come problematico avrebbe potuto trasformarsi in un ostacolo insidioso per entrambi i protagonisti.
Grazie alla Management Constellation il direttore di stabilimento si è potuto rendere conto del proprio atteggiamento di chiusura, dovuto non a malafede, bensì ad un istintivo senso di protezione del proprio territorio e dei propri collaboratori di fronte ad un estraneo che poteva minacciare gli equilibri esistenti.