Quanto tempo ci prendiamo per riflettere durante il corso della giornata e qual è la qualità del tempo che dedichiamo a noi stessi?
La capacità di riflessione dell’essere umano è così scontata che a volte ne trascuriamo la potenza.
Se la qualità delle nostre azioni dipende dal pensiero e dalla riflessione che facciamo prima di agire, quella dei nostri apprendimenti dipende dalla qualità delle riflessioni che facciamo dopo aver compiuto l’azione.
Spesso, più che riflettere sulle nostre esperienze per acquisirne apprendimenti, ci preoccupiamo, rimuginiamo, facciamo congetture e con queste ci stressiamo inutilmente. Tutto questo turbine di pensieri non si esaurisce in un buon utilizzo della corteccia prefrontale: come specie homo sapiens, questo potente strumento ci conferisce un vantaggio competitivo su tutti gli altri animali.
A volte riflettiamo in maniera casuale, la mente vaga senza un particolare fine e anche questa forma di riflessione può essere utile e portare a insight significativi. Ma un livello di riflessione più strutturato può portare più consapevolezza e quindi azioni e comportamenti più efficaci in futuro.
Modelli di intenzione – azione – riflessione per la pratica riflessiva
Se usata in modo appropriato, la riflessione, o meglio la pratica riflessiva, diventa un elemento strategico nel processo di lifelong learning e del nostro continuo autosviluppo.
Lo psicologo K. Anders Ericsson ha passato trent’anni a studiare persone e professionisti che hanno ottenuto risultati eccezionali in diversi campi. Ha così scoperto che la caratteristica che distingue queste persone non è solo l’innegabile talento, ma la forza di volontà nello sviluppare le proprie capacità.
E ciò che fa la differenza non è solo la quantità di tempo che dedichiamo a un’attività, ma soprattutto la qualità. Secondo Ericsson tutti abbiamo in noi i semi dell’eccellenza ma alcune persone si sono continuamente allenate a farli crescere, per farli sbocciare.
La riflessione è il pensiero sulla relazione fra i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri comportamenti in un particolare contesto. È la strada verso l’autoconsapevolezza, il pensiero critico, la saggezza.
Il consolidamento delle nostre competenze avviene molto più velocemente se si attraversano consapevolmente una serie di passaggi che, in modo circolare, partono dalla riflessione per giungere all’azione:
- partono dalla pratica riflessiva (osservazione dell’esperienza e riflessione critica su di essa)
- le riflessioni sulla pratica, le emozioni e i pensieri che ne emergono si collegano con conoscenze precedenti, per trasformarsi in nuovi concetti, astrazioni, idee e generalizzazioni
- si ricercano situazioni in cui queste astrazioni e nuove idee possono intenzionalmente essere sperimentate attraverso l’azione di comportamenti potenzialmente più efficaci (pratica intenzionale) e da cui ripartire a valutarne l’impatto tramite nuova pratica riflessiva
Questo processo circolare fra pratica riflessiva e pratica intenzionale fu anticipato da David Kolb (1975) come rappresentato nella figura seguente.
L’integrazione di pratica e teoria per generare nuovi apprendimenti e strategie avviene spesso in maniera casuale e poco consapevole.
Se la capacità di pensare a un avvenimento è infatti tipica dell’essere umano, c’è però un salto di qualità tra un pensiero casuale e il pensiero critico e consapevole, volto allo sviluppo di insights in merito all’esperienza svolta.
A partire dal modello di Kolb, Graham Gibbs (1988) propose il seguente schema di riflessione sulla pratica in cui è inserito anche l’ascolto dello stato emotivo:
Un altro modello di riflessione sull’esperienza è rappresentato dal modello di Borton (1970) che Rolfe (2001) ha implementato ulteriormente. È costituito da 3 semplici fasi:
- WHAT? La prima fase risponde alla descrizione e analisi dell’evento vissuto. Qual è la tematica? Cosa è successo? Cosa volevi ottenere? Chi c’era? Quali sono stati gli impatti del tuo modo di agire? Cosa ha funzionato di più e cosa di meno? Come ti sei sentito/a?
- SO WHAT? Quindi cos’è importante per te di questa tematica? Cosa hai appreso da questa vicenda? Che competenze hai messo in campo? Cosa avresti potuto fare di diverso? Con quali conseguenze? Porsi queste domande aiuta a riflettere e a controllare l’accaduto.
- NOW WHAT? Dopo aver riflettuto sul “cosa” ed “e quindi?” bisogna rispondere alla domanda “e ora?” per costruire la conoscenza appresa dall’esperienza vissuta dell’evento.Cosa farai ora? Cosa ti serve per ottenere quanto ti aspettavi? Chi ti può supportare? Quali sono le possibili implicazioni, gli impatti del tuo cambio di comportamento su di te e sugli altri?
La pratica riflessiva per i Coach e Mentor. Coach yourself first!
La pratica riflessiva è uno strumento fondamentale di autosviluppo per i Coach e i Mentor. Prima ancora di instaurare, con i propri clienti, delle relazioni orientate alla riflessione e allo sviluppo, è bene che i Coach e i Mentor imparino loro stessi ad utilizzare questi strumenti di riflessione. Possono farlo ancora più efficacemente se utilizzano su sé stessi anche gli eventuali tool che utilizzano con i propri clienti (carte, immagini, tool creativi, costellazioni, ecc.) come flowknow e le Management Constellation.
Su cosa può riflettere un Coach?
Ad esempio:
- Sugli apprendimenti emersi durante una sessione con un cliente o durante un intero percorso di Coaching
- Sulla propria identità professionale
- Sui propri schemi di pensiero
- Sulle proprie spinte interiori
- Su competenze specifiche in fase di sviluppo
- Su convinzioni che possono impattare sulla propria efficacia
- Sul rispetto dei confini professionali ed etici
- Sul proprio stile di Coaching
- Sul proprio posizionamento e sulla direzione che si decide di prendere
- Sui clienti con cui si decide di lavorare e su quelli con cui si decide di non lavorare
- Su cosa si è imparato dai propri clienti e dai loro feedback
Per concludere, l’apprendimento dall’esperienza e l’integrazione fra pratica e teoria possono avvenire più consapevolmente ed efficacemente se si acquisisce uno schema di apprendimento consapevole, abbandonando matrici che lasciano più al caso l’apprendimento dall’esperienza.
Riflettere su di sé e sulla propria pratica permette ai Coach, ai Mentor e a molti professionisti di migliorarsi continuamente e raggiungere livelli eccellenti.
Per i Coach e i Mentor la pratica riflessiva è una competenza fondamentale ed è considerata da sempre uno dei pilastri del Continuous Professional Development dallo European Mentoring & Coaching Council ma anche da altre associazioni, come AC – Association for Coaching.
Molte altre associazioni stanno inserendo questa tematica nel loro codice etico. Ad esempio ICF l’ha inclusa, insieme alla Supervision, nel nuovo framework di competenze che sarà valido a partire da gennaio 2021.
Per i Coach la pratica riflessiva e la Supervision sono logicamente legate, in quanto la pratica riflessiva permette di arrivare fino ad una certa profondità di pensiero, dopo di che, subentra la pratica della supervisione che approfondisce ulteriormente la riflessione. Questo ci permette di migliorarci continuamente sessione dopo sessione.
Perché, parafrasando Eric Berne, se fai una sessione oggi come hai fatto le dieci sessioni precedenti, evidentemente non hai imparato nulla: il Coaching è apprendimento continuo.
Per approfondimenti: