Il Coach racconta il Senior Practitioner: il Modulo 1
Diventare Business, Corporate & Executive Coach con competenze riconosciute a livello internazionale. Sostenere il proprio sviluppo professionale, quello propri team e delle proprie organizzazioni per migliorare i risultati di business. Il programma per Senior Practitioner in Business Coaching offre questo e molto altro.
Lo raccontiamo modulo per modulo, guidati dai nostri coach e docenti. Iniziamo con il Modulo 1.
Il Senior Practitioner in Business Coaching è un percorso di nove moduli che consente di accedere a un livello di competenze riconosciuto come EQA Senior Practitioner dal prestigioso ente EMCC – European Mentoring & Coaching Council (la più grande associazione in Europa in questo settore). Al mondo esistono solo 24 corsi riconosciuti a un livello così alto. In Italia il Programma per Senior Practitioner di SCOA è l’unico.
Ma come funziona e perché rappresenta un’opportunità unica? Ne parliamo con Francesco Solinas, docente del Modulo 1.
Buongiorno, Francesco. Partiamo dall’inizio e quindi dal “tuo” modulo, il Modulo 1 del Senior Practitioner Course di SCOA. Puoi spiegarci cosa lo rende così centrale nel percorso di formazione di un coach?
Il Modulo 1 è intitolato “Il cuore del coaching e la relazione con il sistema cliente”, e già dal titolo emerge la sua importanza. È il punto di partenza del percorso di coaching, un momento in cui esploriamo i principi fondamentali del Business Coaching secondo il nostro modello.
La prima giornata si concentra proprio sul cuore del coaching: cosa intendiamo per Business Coaching, quali sono i nostri valori e come possiamo tradurli in pratica. Si lavora su principi cardine, come il fatto che un coach debba essere prima di tutto un bravo coachee. Questo è un concetto essenziale per noi: chi sa lavorare su se stesso, riconoscere i propri punti di forza, i propri limiti ed aprirsi al cambiamento è poi in grado di farlo con gli altri. Non possiamo insegnare ciò che non padroneggiamo personalmente.
Quindi, durante la prima giornata, ci focalizziamo molto sull’attenzione a sé, sulla capacità di governare le proprie emozioni, restare centrati nell’aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi. Questo richiede non solo le competenze tecniche che mano a mano forniamo durante il percorso, ma anche un’apertura al cambiamento personale. Lavoriamo tanto su questa apertura, perché se siamo capaci di aprirci noi stessi, saremo anche più efficaci nell’aprire l’altro. È un percorso che parte dalla consapevolezza personale e si riflette poi nella relazione di coaching.
Inoltre, il business coach ha un campo da gioco ben preciso, pertanto nel primo giorno focalizziamo l’attenzione su cosa differenzia questa professione da altre presenti nella relazione d’aiuto.
Un approccio molto profondo e orientato non solo a fornire strumenti e metodi, ma anche volto all’introspezione. Puoi parlarci di come si sviluppa il lavoro sulla relazione con il sistema cliente nella seconda giornata?
Sì, nella seconda giornata ci spostiamo su un tema altrettanto cruciale: l’avvio del percorso con il sistema cliente. Parlo di “sistema” perché non lavoriamo solo con il coachee e il manager fruitore del coaching, ma anche con altri attori chiave dell’organizzazione, di solito rappresentati dal referente delle risorse umane e dal responsabile del coachee. Molto spesso è l’azienda che investe in questo percorso con l’obiettivo di far crescere i propri manager, quindi è essenziale allineare le aspettative del manager con quelle dell’organizzazione fin dall’inizio.
La fase di avvio è quindi fondamentale per garantire che le aspettative siano chiare da entrambe le parti, così da poter impostare obiettivi condivisi e coerenti con le necessità dell’azienda e del coachee.
Quello che facciamo in questa fase è fornire un modello per condurre con successo un delicato lavoro di convergenza tra le aspettative dell’organizzazione e del coachee. È un momento cruciale, perché se il manager, il suo capo, il referente delle risorse umane e il coach non sono allineati sugli obiettivi, il percorso rischia di perdere direzione. Nel Business Coaching, quindi, il contesto organizzativo è una parte integrante del processo, e bisogna saper gestire questa complessità fin dall’inizio.
Visto che ci sono delle competenze molto specifiche da padroneggiare, quali credi che siano le criticità principali che un coach può incontrare in questo tipo di percorso?
Una delle criticità principali è l’idea che un coach possa semplicemente imparare tecniche senza lavorare su se stesso. Un approccio di questo tipo è destinato a fallire. Non si può essere un buon coach senza aver sfidato le proprie zone di comfort. Il coach allena comportamenti per uno sviluppo efficace del ruolo e la prima palestra è verso se stesso.
Il coaching è un connubio tra competenze tecniche (le tre più importanti sono per noi l’ascolto, le domande e feedback) e crescita personale, che richiede introspezione e consapevolezza.
Applichiamo lungo l’arco del percorso diversi modelli di riferimento, ma durante il Modulo 1 lavoriamo molto su tre principi chiave, che derivano da Carl Rogers e dalla sua terapia centrata sul cliente: l’accettazione incondizionata del cliente, l’ascolto empatico e la congruenza tra il proprio modo essere e il ruolo di coach.
Accettare il cliente in modo incondizionato e praticare l’empatia significa a mio avviso prima di tutto non proiettare le nostre storie o giudizi sull’altro, ma rimanere il più possibile “puliti”: il cliente deve sentirsi visto e accolto per ciò che è. Solo così si può costruire una relazione di fiducia e attivare le risorse per il raggiungimento dell’obiettivo. Infine, la congruenza riguarda il fatto che non indossiamo un “cappello” da coach per diventare qualcun altro, ma la nostra autenticità deve essere il più possibile coerente con il ruolo professionale che ricopriamo.
Quanto conta, quindi, la componente personale e riflessiva per il coach durante questo percorso?
È essenziale. Durante il percorso, come detto prima, daremo tutte le tecniche che servono per sostenere proficuamente un percorso di coaching individuale con il cliente, ma nessuna tecnica può sostituire la consapevolezza di sé. Il Senior Practitioner è il nostro percorso più completo perché non ci limitiamo a fornire solo tecniche e strumenti, ma lavoriamo sulla capacità del partecipante di ampliare la consapevolezza di sé su più livelli: riconoscere i propri limiti, le proprie abitudini mentali e comportamentali, valorizzare le proprie risorse, stare in contatto con i propri valori di riferimento, allenare comportamenti nuovi e diversi funzionali agli obiettivi che si desiderano davvero.
Non siamo psicoterapeuti, è vero, perché siamo focalizzati sull’allenamento di comportamenti per l’adeguato presidio del ruolo professionale del nostro coachee, ma per essere dei coach competenti dobbiamo lavorare su di noi per essere efficaci nell’aiutare il cliente a mettere in atto il cambiamento.
Ecco perché parliamo spesso di “allenamento”: è un continuo esercizio di riflessione e azione. Durante il corso, i partecipanti si esercitano tra loro, alternando i ruoli di coach e coachee. Questo scambio è fondamentale perché permette a ciascuno di lavorare su di sé e poi applicare ciò che ha imparato aiutando l’altro. È un ciclo di apprendimento continuo che ritengo molto potente.
Dato che gestisci il Modulo 1 da dieci anni, come hai visto cambiare le esigenze dei clienti e il modo di fare coaching?
Negli ultimi dieci anni, i bisogni dei clienti si sono evoluti. Quando ho iniziato, si parlava quasi esclusivamente di performance: i manager volevano solo capire come essere più efficaci nel loro ruolo. Oggi, oltre alla performance, la richiesta è anche quella di saper coltivare il benessere e la sostenibilità nel proprio ruolo. I manager non vogliono solo essere efficienti, vogliono anche stare bene.
Il coach è un po’ come una barca in mezzo al mare: l’imbarcazione deve essere ben preparata, avere un buon timoniere e le vele pronte, ma non sai mai da dove soffierà il vento. Questa è la bellezza e la sfida del coaching: saper essere navigatori competenti (possedere tecniche, strumenti e modelli di riferimento) e al tempo stesso saper gestire l’incertezza (avere consapevolezza e padronanza di sé). Solo chi lavora in questo modo è in grado di navigare queste acque con serenità ed efficacia.