Quali sono le qualifiche del Business Coach: perché e come ottenerle

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Chi si avvicina al mondo del Coaching e del Mentoring trova un universo ancora in fase di assestamento dopo il big bang avvenuto negli anni ’90, cioè da quando la metodologia del Coaching ha iniziato ad espandersi diventando una vera e propria professione, soprattutto nell’ambito del Coaching applicato nel contesto lavorativo come strumento di sviluppo organizzativo e professionale.

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    Come ho accennato in altri articoli, per alcuni è ancora poco chiaro cosa siano il Coaching e il Mentoring e chi si informa su Internet rischia di trovare in ambito internazionale molte definizioni tra loro contraddittorie.

    Inoltre, non esistendo in questo momento un albo professionale per i Coach, chiunque può dichiararsi tale, come può anche dichiararsi Mentor, Project Manager, scrittore o quant’altro: su Linkedin troviamo, solo in Italia, ben 49.000 professionisti che hanno aggiunto la parola “Coach” alla loro – magari già lunga – lista di job title; le variazioni sul tema sono ormai centinaia, alcune anche curiose. 

    Così, accanto ai tradizionali Business coach, Executive Coach, Sport Coach, Life Coach, troviamo generici Consultant & Coach, ma anche il Sales Coach, il Marketing Coach, il Financial Coach, il Power Coach, il Diet Coach, il Learning Coach, l’Astrological Coach  ecc. La lista potrebbe durare pagine.

    E siccome la parola “Coach” è inflazionata, molti hanno pensato di aggiungere al proprio job title il termine Mentor, non sapendo magari bene cosa faccia un Mentor ma che suggerisca l’idea di uno che ne sa più di tutti (senza definirsi guru). E quindi i sedicenti “Mentor” italiani su LinkedIn sono diventati più di 11.000 (esattamente quanti erano i sedicenti Coach 4 anni fa, quando avevo fatto la stessa ricerca ed i Mentor erano quasi inesistenti).

    Questa inflazione di “Coach” e “Mentor” comporta ovviamente poca chiarezza nel mercato e risulta difficile, per chi non è un esperto, distinguere i professionisti preparati ed esperti da quelli che non lo sono.

    Gli standard internazionali e le “certificazioni”

    Ecco perché ad un certo punto è emersa la necessità di distinguere chi si definisce Coach da chi è effettivamente preparato e competente nell’affrontare una relazione orientata allo sviluppo del potenziale degli individui.

    Così, come nell’ambito del Project Management sono nate certificazioni internazionali come PMI o PRINCE2 per distinguere i Project Manager professionisti, formati ed esperti, dai Project Manager fai da te senza alcuna qualifica, anche nel mondo del Coaching sono stati creati degli standard che definiscono chiaramente l’attività di Coaching: su questi ci si può confrontare ed essere riconosciuti in seguito ad opportune attività di assessment.

    Organismi internazionali come ICF – International Coaching Federation, EMCC – European Mentoring & Coaching Council, AC – Association for Coaching, WABC – Worldwide Association of Business Coaches e altri, hanno quindi creato dei framework di competenze e relativi indicatori su cui organizzare assessment e definire i processi di certificazione che sono diventati degli standard riconosciuti a livello internazionale. Ciò permette di distinguere i Coach con una certa preparazione ed esperienza, da quelli che utilizzano solo il termine “Coach” per rendere più altisonante il job title.

    Quanti sono in Italia i Coach realmente riconosciuti da questi grandi organismi internazionali? Meno del 2% di quelli che si dichiarano Coach.

    La normativa italiana  

    Nel contesto italiano si sono poi diffuse una serie di piccole associazioni nazionali, spesso nate intorno ad una scuola di Coaching con l’obiettivo di “certificare” chi concludeva i corsi di quella scuola – che magari non rientrava fra quelle riconosciute dalle organizzazioni internazionali. Altre piccole scuole hanno poi iniziato ad orbitare intorno a queste associazioni.

    Questo ha creato ancora minor chiarezza e le domande sorte sono: ma perché esistono tutte queste associazioni e “certificazioni”? Che differenza c’è? Qual è quella più valida?

    La legge 4, 2013 e le successive circolari del MISE hanno cercato di mettere un po’ di ordine in questo contesto ma i risultati non sono ancora arrivati.

    Tra i temi presi in considerazione dalla normativa ci sono le definizioni stesse di “certificazione” e “accreditamento”: per la legge 4 solo gli enti certificatori possono certificare. Solo Accredia può “accreditare”.

    È vietato ai Coach, anche se qualificati da grandi e autorevoli associazioni internazionali, affermare di essere certificati o accreditati: occorre utilizzare il termine “qualificazione” e “Coach riconosciuto da…” oppure “Coach qualificato a livello x…”.

    Purtroppo questo accorgimento è entrato poco nella mentalità di alcuni professionisti e scuole che continuano ad utilizzare la vecchia terminologia (certificazione, accreditamento), aumentando le domande e i dubbi dei non addetti ai lavori: “ma che differenza c’è tra un Coach certificato e uno qualificato?”, “ma quindi voi potete solo “qualificarmi” mentre ho conosciuto una scuola che mi può certificare…”, ecc.

    La risposta è semplice: nessuna associazione, internazionale o italiana che sia, può “certificare” o “accreditare”.  Anche se queste sono chiamate internazionalmente “certificazioni” o “accreditamenti” in Italia li possiamo chiamare “qualificazioni” o “riconoscimenti”. La sostanza ovviamente non cambia.

    Un altro elemento di complessità nasce dal fatto che, in seguito alla legge 4-2013, le associazioni italiane (o le divisioni italiane di organismi internazionali) possono farsi riconoscere dal MISE che ne garantisce alcune caratteristiche come: l’assenza di scopo di lucro, la funzione di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto di regole deontologiche, la trasparenza degli assetti associativi e la dialettica democratica tra gli associati, ecc. Come potete approfondire al seguente link.

    Il fatto che un’associazione sia o no iscritta al MISE non ha però impatto sul livello di qualità del Coaching insegnato nelle scuole o praticato dai professionisti ad essa associati: questo perché il MISE non ha le competenze per entrare nel merito dei contenuti. Alcune scuole minori invece valorizzano il riconoscimento da parte del MISE dell’associazione alla quale fanno riferimento come un indicatore di qualità dei contenuti erogati. Questo ovviamente crea ancora meno chiarezza.

    La norma UNI: finalmente potremo parlare di certificazione? 

    Il tavolo di lavoro UNI ha lo scopo di creare una normativa condivisa fra le associazioni di Coaching italiane (e le divisioni italiane delle grandi associazioni internazionali) in modo da creare uno standard di riferimento per i professionisti Coach, per chi acquista servizi di Coaching e per gli enti certificatori (riconosciuti da Accredia) che sulla base della norma possono definire una certificazione “di terza parte”, riconosciuta dalla legge Italiana.

    Il gruppo di lavoro costituito nel 2013 ha curato la stesura della norma UNI 11601:2015 sul servizio di Coaching e ha posto le basi per il secondo progetto di norma: la norma sulle competenze del Coach. Norma che permetterebbe di certificare anche le competenze dei professionisti Coach.

    Partecipare a questo tavolo mi ha permesso di conoscere il punto di vista sul Coaching di tante associazioni e stakeholder e ci ha permesso di confrontarci e di trovare molti punti di contatto fra diverse associazioni (soprattutto quelle più focalizzate sul Coaching in contesti organizzativi). Al di là di questo, al momento, non ho ancora visto realizzarsi tutti gli esiti che avevamo immaginato all’inizio di questo lavoro. Vedremo nei prossimi mesi…

    Che tipo di qualifiche scegliere mentre aspettiamo una certificazione riconosciuta come tale in Italia? 

    Sapendo che SCOA ha scelto di seguire la filosofia di EMCC, molti ci chiedono che differenza ci sia con ICF.

    Quindi: meglio EMCC o ICF? o altro ancora?

    Questo è un falso problema: la convinzione di chi si avvicina al Coaching è che le future opportunità lavorative dipendano principalmente dalla specifica qualificazione con cui il professionista sarà riconosciuto.

    In realtà non è così: le future opportunità lavorative non dipendono dal tipo di qualificazione ma dalla capacità di sviluppare il proprio network professionale, dalla capacità di comunicare il proprio stile di Coaching e il proprio valore, dal continuo lavoro di miglioramento delle proprie capacità di far ottenere ai clienti il risultato che vogliono ottenere con il nostro affiancamento. In altre parole le future opportunità lavorative dipendono da noi stessi, non dalla qualificazione.

    ICF e EMCC, quali sono le differenze?

    Precisato questo aspetto e volendo rispondere alla domanda su ICF e EMCC, possiamo dire che ICF in Italia è più diffusa, in Europa si equivalgono o è leggermente prevalente EMCC: in alcuni paesi è più nota EMCC, in altri ICF. Nel mondo invece ICF è preponderante, facendo registrare numeri molto elevati in America.

    ICF comprende solo il Coaching, EMCC ha al suo interno anche le professionalità del Mentoring e della Supervision. Il Mentoring e il Coaching condividono lo stesso framework di competenze come descritto nel seguente articolo.    

    La Supervision è essenziale per EMCC e fa parte del continuo lavoro di miglioramento della propria professionalità. 

    L’altra professionalità codificata da EMCC è quella del Team Coaching: recentemente è stato rilasciato il primo framework di competenze al mondo su questa metodologia di sviluppo organizzativo, decisamente più complessa e caratterizzata da competenze specifiche rispetto al Coaching individuale. Anche ICF ha in seguito rilasciato un framework sul Team Coaching.

    Tornando alle differenze, ICF è un sistema “chiuso”: i professionisti qualificati da ICF, per mantenere le proprie credenziali, devono frequentare solo corsi che hanno ricevuto a loro volta le credenziali da ICF. Gli altri corsi non sono riconosciuti. 

    EMCC invece tende ad essere “inclusiva”: per qualificarsi e mantenere la qualificazione è possibile seguire qualsiasi corso qualificato da altri enti, purché sia coerente col proprio piano di sviluppo. Questo può avvenire perché EMCC ha confrontato il proprio framework di competenze con tutte le principali associazioni e università e può anche riconoscere i Coach già qualificati da altri organismi con degli assessment “short track”, in cui viene chiesto al Coach di dimostrare solo le competenze che non sono comuni ai due framework.

    Questa apertura di EMCC deriva dalla sua storia, molto legata agli ambienti di ricerca: in questi anni ha portato avanti progetti di ricerca in tutto il mondo con più di 30 università. Inoltre tiene una conferenza annuale sui temi di ricerca nel Coaching, Mentoring, Supervision e Team Coaching.

    Questo porta a far evolvere continuamente la professione, dopo che EMCC ha valutato scientificamente le evidenze emerse nelle sperimentazioni di nuove pratiche: ad esempio il concetto di pratica riflessiva e Supervision sono presenti da anni nel modello di EMCC. Solo recentemente ICF ha iniziato a parlarne nel Coaching.

    Lo spirito pionieristico, la propensione alla ricerca, all’innovazione e al continuo miglioramento della professione sono i motivi per cui SCOA ha scelto di qualificare i propri corsi con EMCC e quindi proporre le qualificazioni EMCC a chi conclude i programmi per diventare Coach.

    Come funzionano le qualifiche di EMCC?

    EMCC, per il Coaching, ha due tipi di qualificazione, entrambe suddivise su 4 livelli: Foundation (il più basso), Practitioner, Senior Practitioner, Master. 

    1. Il primo tipo di qualificazione si chiama EQA (European Quality Award). Questa qualificazione definisce il livello di competenze al quale un corso prepara e il livello di competenze che un partecipante ha acquisito dopo aver concluso l’assessment finale dopo il corso.
    2. Il secondo tipo di qualificazione si chiama EIA (European Individual Accreditation). Questa qualificazione, partendo dal livello di competenze EQA del professionista, specifica la qualità della sua esperienza secondo i seguenti criteri:
      1. Anni di pratica
      2. Numero di clienti e complessità dei contesti in cui si è svolta l’attività
      3. Numero di ore svolte
      4. Feedback dei clienti (processo e contenuti)
      5. Attività di sviluppo professionale svolta ogni anno (CPD: Continuous Professional Development)
      6. Attività di supervisione (frequenza e qualità delle tematiche affrontate)
      7. Attività di pratica riflessiva (tematiche affrontate e modalità)
      8. Contributo allo sviluppo della professione

    Il livello più basso, il Foundation, caratterizza corsi della durata di pochi giorni e i suoi partecipanti imparano ad applicare metodologie di Coaching all’interno di altre professioni (manager, formatori, facilitatori, insegnanti, ecc.).

    Il livello Practitioner, caratterizza corsi che formano Coach in grado di iniziare a praticare la professione come professionisti o Coach interni. Questo livello EIA è rivolto a professionisti che lavorano con un modello di Coaching in contesti semplici.

    Il livello Senior Practitioner, caratterizza corsi di un anno che preparano i professionisti a muoversi autonomamente in contesti complessi. Il livello EIA Senior Practitioner è il livello per professionisti con esperienza elevata che utilizzano più modelli e metodologie in base alla complessità del contesto in cui operano.

    Il livello più alto, il Master, caratterizza executive master a livello universitario (EMCC ha qualificato i più prestigiosi executive master in Coaching) e gli individui che hanno dato un solido contributo alla professione tramite attività di ricerca, diffusione e miglioramento della qualità della professione.

    Cosa caratterizza l’assessment EMCC?

    Come anticipato precedentemente, avere una qualifica di qualsiasi tipo non permette automaticamente di avere più opportunità lavorative. Avere un livello EIA non è un’etichetta da mettere sul proprio profilo linkedin o sul proprio sito per attrarre clienti. Significa stare in un percorso di continuo miglioramento che genera valore per i clienti. 

    Chi decide di seguire il processo proposto da EMCC lo fa perché ha compreso come le componenti che EMCC valorizza sono quelle che valorizzano noi stessi come professionisti: la riflessione sulla nostra pratica, la capacità di chiedere feedback ai clienti e utilizzarli per migliorare il nostro servizio, la riflessione sui risultati che permettiamo loro di ottenere e su come aumentarli, l’utilizzo della Supervision per continuare ad aumentare la nostra maturità come professionisti.

    È su queste variabili che siamo chiamati a riflettere con l’assessor durante gli assessment EMCC: l’assessment è un’esperienza di sviluppo in cui si riflette sulla propria maturità professionale, su dove siamo arrivati con la nostra professione, dove vogliamo arrivare e cosa faremo per arrivarci.Quindi, perché qualificarsi? Magari per distinguersi, fare la differenza e raggiungere il massimo livello di qualità e maturità professionale che possiamo offrire ai clienti.

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