L’esperienza del Senior Practitioner: modulo 1

Redazione SCOA_Senior Practitioner in Business Coaching_Mod.1

Il 21 e 22 ottobre si è svolto il primo modulo della 43a edizione del Senior Practitioner in Business Coaching: il Coaching e la relazione con il cliente. Che effetto fa iniziare questo viaggio? Abbiamo chiesto a Sissi Decorato, Communication Specialist di SCOA e ora anche partecipante al nostro master, di raccontarci com’è andata.

  • Quali sono le tue impressioni su questo primo modulo? Rispetto alle aspettative che avevi, queste due giornate sono state soddisfacenti?

Il primo weekend di Senior Practitioner è stata su tutti i fronti una scoperta. Sia io che i compagni di corso che ho conosciuto la prima mattina non avevamo un’idea chiarissima di che cosa sarebbe successo: sapevamo che il Business Coaching era qualcosa che ci interessava molto, ma non sapevamo che cosa avremmo trovato, nello specifico. Però ci siamo affidati. Quello che mi è arrivato è stato proprio la sensazione di aver attraversato una soglia: è come se fossi entrata in un mondo nuovo e adesso è tutto da scoprire. Mi serve una mappa, una bussola, delle indicazioni, ma sono sicura che le troverò strada facendo, così come troverò gli strumenti per riuscire ad un certo punto ad andare in esplorazione da sola, fidandomi del mio intuito. Deve essere un bel momento, quello in cui capisci che inizi a dominare uno spazio che prima non conoscevi. Parlando con persone che hanno già seguito questo percorso, mi è stato detto più volte che c’è un prima e un dopo Senior Practitioner: dopo questo primo modulo sono ufficialmente entrata in una zona grigia di transizione, che è quella in cui avviene il cambiamento quindi anche la più emozionante.

  • Il gruppo di questa edizione è abbastanza variegato. Quali sono state le tue impressioni sulle persone che frequentano con te?

La prima caratteristica che mi viene da evidenziare è che siamo davvero un gruppo, ho avuto la percezione di una fortissima unità, fin dalla prima mattina. Uno dei primi esercizi è stato, alla fine di una breve sessione di mindfulness, quello di osservare lo spazio e le persone intorno a noi e in quel momento è stato proprio come se avessi visto una sorta di filo rosso che ci univa tutti, una spinta comune che ci teneva insieme. E la cosa più bella è stata che durante il pranzo è emerso che questo filo lo abbiamo visto tutti, non solo io, quindi il legame che si è creato è stato immediato ed evidente. Probabilmente quello che ci accomuna è che siamo lì perché lo abbiamo scelto, vogliamo davvero provare a fare questo viaggio, e avere un obiettivo comune travalica qualunque differenza di età, background o esperienza. Devo dire che il supporto che ho sentito, da parte di tutti, è stato rassicurante: so che nei momenti di difficoltà avrò delle mani a cui aggrapparmi.

  • L’hai citata anche tu: la mindfulness. Insieme a Francesco Solinas, Coach del primo modulo, avete fatto anche delle esperienze di questa disciplina. Ritieni che siano state utili in relazione al lavoro del Business Coach?

Assolutamente sì, e non è solo utile, è necessaria. Nel corso del weekend è tornata più volte la parola turbolenza: una situazione data dalla velocità, dalla quantità di stimoli a cui siamo sottoposti, dalle mille distrazioni e cose da fare che ci impedisce di stare concentrati e di sentire. Sentire sia noi che gli altri. Però essere in contatto prima di tutto con se stessi è fondamentale per entrare in una relazione di aiuto come quella che si instaura tra Coach e Coachee, quindi trovo sia molto sensato che il primo passo di questo percorso sia quello di imparare a fermarsi e ad ascoltarsi. È una cosa che non siamo abituati a fare e infatti molto spesso la turbolenza ha la meglio su di noi, ci facciamo trasportare. E invece no. Ti devi fermare. Ti devi ascoltare. È impressionante la quantità di informazioni che acquisisci su te stessa quando lo fai.

  • Se dovessi identificare un insegnamento che più porterai con te dopo questo primo modulo, quale sarebbe?

Ce ne sarebbero tanti, ma se proprio devo sceglierne uno direi che è l’aver imparato a gestire (e di conseguenza a tenermi) i dubbi. C’è stato un momento, nella mattina di domenica, in cui l’unica cosa che riuscivo a pensare era “ma è difficilissimo!” e quindi avrei iniziato a fare domande a raffica: cosa succede se…? È mai capitato che…? Cosa devo fare quando…? E soprattutto: ma io sarò capace? Però, come ci ha spiegato Francesco Solinas, le risposte a queste domande arriveranno e molto probabilmente non perché qualcuno ci darà una ricetta già pronta su come risolvere una data questione, ma perché faremo esperienza di tutte (o almeno molte) delle variabili che abbiamo immaginato e a quel punto troveremo noi la nostra risposta, che magari sarà valida per noi e per qualcun altro no. Il punto non è sapere cosa devi fare, ma darsi il tempo di arrivarci in maniera autonoma, ascoltandosi e provando durante i role play e la pratica. Nel frattempo, ti tieni i dubbi.

  • Cosa immagini succederà nel prossimo modulo?

E chi lo sa! O meglio, non lo so nello specifico, ma credo che quello che succederà sarà che visiteremo e scopriremo un’altra area di questo mondo straordinario di cui abbiamo varcato la soglia e ci verranno dati altri strumenti per addentrarci meglio al suo interno. Diciamo che se al primo modulo sono arrivata con un misto di motivazione, curiosità e paura, adesso la paura sta cedendo il passo alle altre due, anche perché un’altra cosa che credo succederà è il rafforzamento del legame con gli altri partecipanti. Sapere di non essere sola, qualunque cosa troveremo nel prossimo modulo, mi fa affrontare con più sicurezza le difficoltà che ci saranno.

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