L’esperienza del Senior Practitioner: modulo 2

foto articolo-Leonardo

Nel secondo modulo del Senior Practitioner in Business Coaching, “La comunicazione nel Coaching”, si è parlato dell’importanza di dare correttamente un feedback, della rielaborazione, delle tecniche per fare domande: i dubbi lasciati dal primo modulo hanno iniziato a trovare delle risposte e chi partecipa ha cominciato a costruire una nuova consapevolezza di sé e delle sue parole. Una consapevolezza che ha portato a vedere ciò che prima, pur essendo chiaro, sembrava impossibile da vedere.
Abbiamo chiesto a Leonardo Federighi, Presales Director di Wiit Group, di raccontarci la sua esperienza.

  • Ci racconti qualcosa su di te e sul motivo che ti ha spinto a iscriverti al Senior Practitioner in Business Coaching?

Volentieri. Partiamo dal fatto che ora sono in una fase di cambiamento nella mia vita, perché dal 1° marzo 2024 andrò in pensione, ma non vorrei uscire completamente dal mondo del lavoro. Dopo tanti anni trascorsi come dirigente nel settore della tecnologia sento il bisogno di stimoli nuovi; l’idea di poter contribuire al potenziamento delle persone nel loro ambito lavorativo mi è sembrata una soluzione ideale. Durante la mia carriera ho ricevuto tanto, in termini di aiuto e insegnamenti, e ora penso che sia il momento di restituire, dando a mia volta a chi continuerà a lavorare dopo di me. La formazione mi ha cambiato la vita e con questo master continuerà a farlo: è gratificante per me e spero che sarà utile per le persone con cui mi interfaccerò con questa nuova veste.

  • Nel secondo modulo avete affrontato il tema della comunicazione nel Coaching. Qual è l’apprendimento che di più pensi ti abbia avvicinato al raggiungimento di questa professione?

La capacità di ascoltare. Negli ultimi anni ho spesso avuto nel lavoro un ruolo di mentore; anche se ho sempre cercato di rispettare e di capire le opinioni delle persone con le quali comunicavo, dopo questo secondo modulo del Senior Practitioner in Business Coaching mi sono accorto di non aver avuto la capacità di “comprendere” completamente quello che ascoltavo. Il secondo modulo non mi ha fatto scoprire aspetti della comunicazione che già non conoscessi, quali ad esempio evitare il pregiudizio o immedesimarsi nell’altro, ma li ha fatti diventare miei. Ho capito quanto sia importante assumere il punto di vista dell’altro e come si può fare nel concreto. Per usare un’immagine, prima tra me ed il mio interlocutore era come se ci fosse una grata. Lo vedevo, lo sentivo, comunicavo, ma qualcosa ci separava. Col secondo modulo ho capito come alzare la grata, e spero con la pratica di non farla scendere mai più.

  • Nel corso del weekend avete fatto molti role play a gruppi di tre, formando delle triadi Coach – Coachee – Osservatore. Pensi che essere stato nel ruolo di Osservatore sia stato utile? Perché?

Indispensabile. L’osservazione del Coach e del Coachee permette di cogliere molti elementi del contesto da un punto di vista esterno e privilegiato. Prima di tutto nel ruolo di Osservatore non c’è l’interferenza del pensiero, quel movimento interno che ti porta a pensare a cosa chiedere, cosa dire, quando dirlo, e quindi ci si può concentrare sugli aspetti specifici: ad esempio il linguaggio non verbale o paraverbale, poi tornare alla visione complessiva e poi di nuovo sul dettaglio. In questa fase di apprendimento, quando si è nel ruolo del Coach, si è concentrati sulla tecnica, sul rispetto delle regole, sull’ascolto del Coachee e non è possibile riuscire a considerare tutti gli aspetti, alcuni essenziali, che sono più facilmente a portata dell’osservatore. Detto questo, aggiungo che il compito dell’osservatore è complesso e faticoso, perché si è immersi in una notevole quantità di input e c’è il rischio di perdersi in mezzo a tutte queste meravigliose informazioni: ci sono talmente tanti stimoli che anche da esterno alla conversazione è complesso riuscire a mantenere una visione di insieme.

  • Avete anche affrontato il tema del feedback: un termine che molto spesso viene usato in azienda, ma altrettanto spesso in maniera impropria. Quale pensi sia il suo effettivo potenziale?

Credo che il potenziale del feedback sia elevatissimo, ma che spesso si perda per l’inadeguata capacità di comunicarlo. Se si pensa al rapporto meraviglioso tra madre e infante, che si basa quasi completamente sulla “restituzione” delle emozioni che si provano, ne abbiamo la prova. È un nutrimento, serve per crescere. E questo esempio ci evidenzia anche come, quando questo rapporto si sporca con tutti i “rumori di fondo” che la crescita del bambino porta con sé, il feedback perde di importanza. Io mi sono accorto ora che quando davo dei feedback c’era dentro molto più giudizio e non teneva in considerazione quello che l’altra persona era in grado di capire. Uno dei punti di forza del secondo modulo è stato, nella mia esperienza, quello di apprendere elementi indispensabili nel restituire la giusta potenza alla comunicazione del feedback.

  • Che aspettative hai riguardo al terzo modulo?

I primi due moduli sono stati ricchi di valore e di emozioni, quindi le aspettative per il terzo modulo sono alte. Si tratterà il Coaching nel contesto organizzativo e di business e penso che questo mi permetterà di chiarire alcuni aspetti legati alla “professione” del Coach, del rapporto con le aziende, di come cogliere le opportunità o le richieste del contesto di lavoro, comprendendone meglio lo scenario. Immagino che la conoscenza dell’ambito possa aiutare il Coach a comprendere le necessità del committente e nello stesso tempo ad aumentare la capacità e l’efficacia della risposta. Penso anche che con questo modulo capirò quanto la mia esperienza e conoscenza del mondo del lavoro possano essere un valore o, per la legge del contrappasso, un peso e quanto il mio vissuto personale debba essere messo dietro un muro e quanto invece può essere un filtro.

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