Sviluppo digitale nelle aziende: come affrontarlo in modo efficace con il Business Coaching

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«New world. New skills.» si legge sul sito di Pwc. Nuovo mondo, nuove competenze, e tra queste senza dubbio spiccano quelle digitali.

Quello dello sviluppo digitale e tecnologico è uno dei temi più caldi del momento e per il futuro, centrale in prima battuta anche nel mondo del lavoro. Sempre di più le aziende sono chiamate infatti a innovare i propri modelli di business e i processi di lavoro da un lato per sopravvivere ai cambiamenti tecnologici, dall’altro lato per ottimizzare la produttività, le dinamiche organizzative e così anche il benessere degli individui.

La pandemia ha inevitabilmente accelerato questo processo, coinvolgendo anche ambiti e realtà fino ad allora molto poco digitalizzate (come ad esempio i musei o il mondo culturale in generale). Di per sé le possibilità prettamente ‘tecniche’ c’erano già tutte, anche prima del 2020. La diffusione del Covid-19 è però stato un fattore scatenante, che ha reso quella che prima era un’astratta e per lo più ignorata opportunità, una inevitabile necessità. E se c’è un apprendimento che questi due anni ci hanno lasciato è proprio la grande potenzialità dell’online: una preziosa risorsa che se valorizzata pienamente può impattare positivamente non solo sulle organizzazioni, ma più ampiamente sull’intera società.

Ma lo sviluppo tecnologico delle aziende passa inevitabilmente anche dalle persone: i lavoratori da un lato necessitano di, dall’altro come vedremo desiderano, aumentare il livello di skills digitali.

A questo proposito, molti sono gli studi e i progetti che si propongono di affrontare le sfide associate alla trasformazione digitale.

Con la “Bussola digitale 2030”, la Commissione Europea ha definito le ambizioni digitali per il prossimo decennio sotto forma di obiettivi chiari e concreti, attraverso un programma DIGITAL. Identificati visivamente proprio con i 4 punti cardinali della bussola, troviamo:

  • una popolazione digitalmente qualificata e professionisti digitali altamente qualificati, puntando alla diffusione di un livello adeguato delle digital skills all’80% della popolazione mondiale;
  • trasformazione digitale delle imprese;
  • infrastrutture digitali sicure e sostenibili;
  • digitalizzazione dei servizi pubblici.

Perché le aziende dovrebbero evolversi nel digitale?

Sembra più attuale la domanda opposta: perché le aziende non dovrebbero farlo? Perché non dovrebbero cioè cogliere questa opportunità di sviluppo? L’innovazione digitale non è più una scelta per le organizzazioni: è piuttosto un passaggio inevitabile per poter sopravvivere nel panorama e nel mercato attuali.

In generale il digital costituisce un vero e proprio vantaggio competitivo per le aziende: uno studio del 2021 mostra come l’utilizzo dei social network per scopi aziendali e un alto livello di formazione dei manager e dei dipendenti negli strumenti digitali possono migliorare la performance aziendale.

Si tratta di una leva strategica per il business, anche perché è una leva efficace per attrarre e trattenere i talenti. Secondo KPMG, se prima «le persone seguivano la tecnologia, ora la tecnologia segue le persone»: il digitale ha reso il remote work la quotidianità per molti lavoratori, aprendo la possibilità ad un lavoro flessibile, «dove e quando si vuole». Proprio per questo, la connettività diventa un’area fondamentale su cui porre l’attenzione e svilupparsi: «le organizzazioni dovrebbero essere più flessibili per soddisfare le aspettative dei dipendenti in queste tre aree: connettività, mobilità dei talenti e benessere. E se le aziende non soddisfano le aspettative, i dipendenti potrebbero semplicemente disconnettersi e portare le loro competenze altrove».

Dall’altra parte però, un altro aspetto su cui vale la pena riflettere è che, come emerge da numerose ricerche, la domanda di talenti tecnologici sta superando l’offerta disponibile. Come evidenzia anche l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Digital Economy and Society Index – DESI), in uso dal 2014, più del 70% delle imprese segnalano la mancanza di personale con adeguate competenze (digitali) come un ostacolo agli investimenti. La domanda di talenti tecnologici sta dunque superando l’offerta disponibile.

Questo, come sottolinea ancora KPMG, rende di fondamentale importanza attrarre e trattenere gli esperti digitali: le aziende devono pensare al di là della compensazione come unico fattore trainante. Coloro che possiedono le hot skills sono ora motivati dalla cultura di un’organizzazione (come le persone, il lavoro flessibile, la diversità e l’inclusione e l’equità), la strategia ESG (Environmental, Social and Governance), gli investimenti nell’innovazione e nelle nuove tecnologie digitali, le opportunità di formazione e la mobilità. Ma dall’altra parte rende altrettanto cruciale capire su quali competenze investire, in modo da formare adeguatamente le proprie persone in azienda.

Qual è la situazione attuale in Italia? Un po’ di dati

Secondo l’Istat, nel 2021 il 60,3% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale (con il 56% come media dell’Unione Europea). L’obiettivo europeo 2030 è di raggiungere il 90%. Nelle aziende con almeno 10 addetti, è in crescita l’utilizzo di e-commerce e vendita online, dei social media, di dispositivi e sistemi intelligenti controllati via Internet (Internet of Things): per questa dimensione l’Italia ha infatti raggiunto l’ottavo posto in Europa.

In generale comunque si osserva un trend – abbastanza prevedibile – per cui il livello di digitalizzazione è direttamente proporzionale alle dimensioni dell’azienda: più un’azienda è grande, maggiore è il livello di sviluppo tecnologico al suo interno. C’è un miglioramento generale, ma comunque c’è ancora una parziale lentezza rispetto ad altri paesi.

In effetti si tratta comunque di una trasformazione radicale, che non ha a che fare meramente con aspetti tecnici, ma che impatta su più livelli dell’organizzazione coinvolgendo la cultura aziendale.

Gli ostacoli alla digitalizzazione e come affrontarli

Quali sono le difficoltà principali che le aziende possono incontrare nella digitalizzazione?

Innanzitutto possiamo distinguere due tipologie di difficoltà:

  • tecniche, pratiche: hanno a che fare con la difficoltà di imparare come utilizzare gli strumenti, che a volte sono oggettivamente complicati o che almeno a primo impatto possono sembrare tali agli inesperti, dando l’impressione che tutto diventi più complesso e meno immediato;
  • emotive, che a loro volta hanno a che fare principalmente con due aspetti. Innanzitutto la difficoltà del cambiamento, della novità, della velocità dei tool e del continuo aggiornamento che richiedono; inoltre la difficoltà di gestire la dimensione astratta, intangibile, in cui manca il contatto umano: questo comporta una vera e propria fatica, dovuta alla distanza, all’iperconnessione, che possono provocare stress e senso di smarrimento.

Quello digitale è uno spazio che presenta una grande complessità e che per questo va abitato in modo molto competenze, ma anche consapevole e responsabile.

Pertanto, per quanto riguarda il primo punto, è necessario garantire alle proprie persone una formazione tecnica, che consenta innanzitutto di imparare ad utilizzare con efficacia e prontezza anche strumenti complessi. È però importante un’alfabetizzazione al digitale completa, che cioè consenta alle persone di diventare “competenti in senso ampio”: non solo relativa ad aspetti tecnici, di funzionamento pratico, ma anche sull’impatto e sul senso dell’utilizzo di certi strumenti piuttosto che altri, in modo da consentire alle persone, attraverso anche il supporto dei tool digitali, di esprimere il loro pieno valore.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, di difficoltà emotiva emerge la necessità di un supporto al cambiamento, che miri prettamente alla costruzione di una mentalità comune innovativa ed evoluta: diventa rilevante lavorare sull’approccio dei singoli ma anche a livello collettivo sulla cultura aziendale. In quest’ottica, intraprendere percorsi di sviluppo individuali e di team, può fornire un valido sostegno: il Business Coaching consente proprio di lavorare su queste dimensioni, allenando flessibilità e innovazione attraverso l’attuazione di comportamenti più mirati ai mutamenti del contesto, e consentendo così lo sviluppo di un atteggiamento mirato alla crescita e all’apprendimento.

Quello che serve, infatti, non è un apprendimento puramente quantitativo, di conoscenze e contenuti nuovi. Come evidenziano gli studi dell’OECD, poiché il posto di lavoro continua a subire una sostanziale ristrutturazione in risposta alle nuove tecnologie, molte competenze digitali diventeranno rapidamente obsolete. Non è quindi questione meramente di aumentare le proprie competenze, ma di un aggiornamento continuo: serve una mentalità diversa, in cui diventa centrale la competenza del “learn to learn”: imparare ad imparare per diventare sempre più adattabili al cambiamento tecnologico (e non solo).

Il digitale offre, certamente, molte opportunità: consente di velocizzare i processi di lavoro, offre possibilità di collaborazioni oltre i confini, rende possibile l’innovazione, l’ottimizzazione della produttività anche grazie alla possibilità di delegare determinate attività all’Intelligenza Artificiale.

Ma per saperle cogliere queste opportunità, per riuscire a valorizzare a pieno da una parte i tool e la loro utilità e dall’altro il proprio potenziale, di lavoratori e di esseri umani, attraverso questi tool, è necessario sviluppare nuovi comportamenti, nuove abitudini e un nuovo mindset. Questo comporta anche una maggior consapevolezza e di conseguenza una maggior responsabilizzazione dei singoli, necessarie per stare nel digitale in modo costruttivo.

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