Il Coach racconta il Senior Practitioner – modulo 7
Diventare Business, Corporate & Executive Coach con competenze riconosciute a livello internazionale. Sostenere il proprio sviluppo professionale, quello del proprio team e delle proprie organizzazioni per migliorare i risultati di business. Il programma per Senior Practitioner in Business Coaching offre questo e molto altro.
Lo raccontiamo modulo per modulo, guidati dai nostri Coach e docenti. In questo articolo parliamo del Modulo 7.
Il Senior Practitioner in Business Coaching è un percorso articolato in nove moduli, riconosciuto come EQA Senior Practitioner dal prestigioso ente EMCC – European Mentoring & Coaching Council, la più grande associazione europea del settore. A livello globale, esistono solo 24 corsi che vantano un riconoscimento di così alto livello, e in Italia l’unico programma con questa qualifica è offerto da SCOA.
Ma come funziona e perché rappresenta un’opportunità unica? Finora abbiamo approfondito:
– Il Modulo 1 con Francesco Solinas
– Il Modulo 2 con Deborah Bianchi
– Il Modulo 3 con Alberto Camuri
– Il Modulo 4 con Patrizia Bega
– Il Modulo 5 con Carmen Serlenga
– Il Modulo 6 con Marianne Froberg
Nel modulo 7 si affronta una competenza che per tante persone può risultare sfidante: la creatività. Perché lavorare sul proprio lato creativo può essere importante nel Business Coaching?
Nel Business Coaching la creatività rappresenta una leva fondamentale per generare nuove possibilità. Il Coaching, in fondo, è l’arte del “vedere oltre”: oltre l’ovvio, oltre l’automatismo, oltre le abitudini comportamentali o il già noto. Per un Coach coltivare il proprio lato creativo significa allenare la capacità di accedere a punti di vista alternativi, di immaginare soluzioni non ancora esplorate, accompagnare il Coachee nel percorso di apertura di spazi nuovi in cui sperimentare e trasformarsi.
Quando tutto sembra già detto o già deciso, è proprio lì che serve uno sguardo diverso: uno sguardo che sappia rompere gli schemi, disegnare nuove connessioni, evocare ciò che ancora non c’è ma potrebbe essere.
La creatività ci permette di essere davvero generativi, e quindi di offrire al Coachee lo spazio per immaginarsi evolutivo, possibile, in movimento.
Capita che qualche futuro Coach arrivi in aula con la convinzione di “non essere creativo”. Come ci si rapporta, da docente, con questa situazione?
È una frase che sento spesso, e ogni volta la accolgo con curiosità e rispetto. Chi la pronuncia, spesso associa la creatività a qualcosa di artistico o eccezionale: in realtà la creatività è molto più quotidiana e accessibile di quanto si pensi.
Come docente, mi piace accompagnare le persone a riscoprirla come un muscolo, non come un talento. Un muscolo che possiamo allenare attraverso il gioco, la sperimentazione, l’ascolto profondo e l’apertura al dubbio. In aula sperimentiamo tecniche che, come futuri Coach, potranno utilizzare per facilitare nuovi insight, ampliare le prospettive del coachee e accendere quella scintilla creativa che spesso apre la strada al cambiamento.
Quali sono i vantaggi, per il Coachee, di uscire da una sessione con una visualizzazione creativa di ciò che emerge?
La visualizzazione creativa ha un potere trasformativo profondo: dà forma, immagine e corpo a qualcosa che fino a poco prima era solo intuitivo o confuso.
Quando il Coachee lascia il piano razionale per costruire un’immagine diversa di ciò che sta vivendo o desidera, accade una magia. Quel contenuto diventa più chiaro, più memorabile, più emotivamente coinvolgente. E soprattutto: diventa “agito”.
È un percorso che si muove tra la concretezza di un fatto, la ricchezza di una visualizzazione, per muoversi dall’intenzione all’azione.
E in questo passaggio, il Coachee non solo comprende, ma sente. E comincia a guardare alle situazioni che vive con occhi nuovi. Spesso è proprio da lì che emergono scelte più consapevoli e vengono individuati nuovi comportamenti più funzionali.
Qual è il tuo rapporto con la creatività? C’è un episodio che vuoi condividere con noi, della tua esperienza da Business Coach, in cui è stata una competenza risolutiva?
Per me la creatività è una bussola interiore. Non è sempre facile ascoltarla — soprattutto nei contesti aziendali, dove il pensiero razionale tende a prevalere — ma ogni volta che mi affido a lei, accade qualcosa di utile e autentico.
Spesso, l’uso di strumenti visuali o metaforici, come le carte, diventa un modo semplice ma potente per attivare nuove connessioni nel Coachee, stimolare immaginazione e far emergere intuizioni che altrimenti resterebbero sotto traccia.
Ma le tecniche sono molte: ricordo, ad esempio, una sessione in cui ho proposto a una Manager la tecnica del cambio di sedie. Era bloccata in un conflitto che la toccava sia sul piano fattuale (difficoltà nel mettere a terra un progetto chiave) sia sul piano emotivo e non riusciva a vedere vie d’uscita. L’ho invitata a spostarsi fisicamente da una sedia all’altra, interpretando prima il proprio punto di vista, poi quello della collega, e infine quello di un osservatore esterno. È stato sorprendente vedere come, attraverso quel semplice movimento, siano cambiate anche le sue parole, il tono, la postura. Questi semplici movimenti fisici hanno consentito uno zoom out dalla situazione ma anche un utilizzo più “rotondo” dell’empatia.
Ecco: la creatività nel Coaching serve a questo. A dare forma nuova a ciò che in fondo già c’è ma non è accessibile, per poterlo finalmente trasformare.